(Rinnovabili.it) – La rivista internazionale “Metabolic Engineering” ha pubblicato un interessante studio condotto da ENEA in collaborazione con l’Istituto di Biologia Molecolare e Cellulare Vegetale (IBMCP) di Valencia e l’Università di Castilla-La Mancha (UCLM). I ricercatori dell’Enea, infatti, hanno sviluppato un metodo biotecnologico innovativo per produrre in tempi brevi e con costi ridotti grandi quantità di molecole benefiche per l’uomo ma scarse in natura. Tali molecole possono trovare interessanti applicazioni anche nell’industria alimentare, cosmetica e farmaceutica.
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Crocina (un carotenoide presente nei fiori di crocus, responsabile del colore dello zafferano), picrocrocina (un composto organico di sapore amaro presente nello zafferano) e safranale, un composto anch’esso presente nello zafferano. Le proprietà antiossidanti, analgesiche e antinfiammatorie di queste molecole sono note fin dall’antichità: lo zafferano era utilizzato dalla medicina ayurvedica ed era considerato una sorta di panacea. Oggi i suoi “poteri” sono stati ridimensionati, ma le molecole che lo compongono sono ancora utilizzate nella cura di numerose patologie (malattie degenerative della retina, depressione, demenza senile, alcune forme di carcinoma). Applicazioni più “frivole” si hanno come coloranti, nei profumi, come aromi e integratori alimentari.
Il sistema messo a punto dai ricercatori dell’ENEA introduce nelle piante di tabacco selvatico (Nicotiana benthamiana) un virus vegetale non patogeno appositamente ingegnerizzato. Il risultato è importante: la quantità di molecole ottenute è quasi 150 volte superiore agli studi svolti in precedenza. Tanto più importante perché in natura queste molecole sono presenti in piccole quantità solo nello zafferano e nella buddleja, che non è adatta all’uso alimentare. Per dare un’idea dell’importanza di questa ricerca, bisogna ricordare che lo zafferano cresce in terreni marginali, ogni pianta produce al massimo tre fiori ognuno dei quali ha non più di tre stigmi dove si accumulano le crocine. Raccolta e lavorazione devono essere fatte a mano, procedimento che fa dello zafferano la spezia più costosa al mondo: può arrivare addirittura a 15mila euro al chilo. La buddleja è invece una pianta ornamentale il cui nettare attira le farfalle, da qui il nome di pianta delle farfalle.
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Come spiega Gianfranco Diretto del Laboratorio Biotecnologie ENEA, «la Nicotiana benthamiana trattata con questo metodo rappresenta una valida e veloce alternativa rispetto allo zafferano e alla buddleja. Questi studi ci consentono di compiere un ulteriore passo avanti nella ricerca sullo sfruttamento biotecnologico di molecole benefiche per l’uomo e di aprire nuovi scenari sulla produzione veloce e a basso costo delle crocine, al fine di arrivare ad un utilizzo a livello industriale e farmaceutico su larga scala».