Plastica, micro e nanoplastiche in acqua. Della presenza in mare e negli oceani, purtroppo sappiamo. Che siano anche nei fiumi, si può immaginare, meno che siano nei laghi. Eppure, uno studio unico nel suo genere, condotto dai ricercatori dell’Università del Minnesota Twin Cities, dimostra proprio questo, e come il telerilevamento possa aiutare non solo a monitorare, ma a rimuovere i detriti di plastica dagli ambienti di acqua dolce come il fiume Mississippi.
La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Nature, fornisce nuove informazioni utili alla comprensione del comportamento dei detriti di plastica in acqua dolce, ambiente che di solito attira meno attenzione delle isole di plastica, solo per fare un triste esempio, nelle acque oceaniche.
Spettro elettromagnetico identifica la plastica
Studi precedenti sulla rimozione dei rifiuti di plastica hanno fatto ricorso ad un campionamento ad alta intensità di manodopera, che può essere dispendioso in termini di tempo e denaro, mentre questo nuova pubblicazione ha fatto ricorso alla tecnologia del telerilevamento per raggiungere un’area più ampia; infatti, si utilizzano proprietà di riflettanza spettrale, o lunghezze d’onda nello spettro elettromagnetico, per individuare tipi specifici di plastica. La specifica lunghezza d’onda dei materiali plastici, permette il rilevamento anche se la plastica si nasconde negli ambienti di acqua dolce, tra alghe, sedimenti, legni galleggianti e schiume d’acqua.
“Potremmo usare questa tecnologia per identificare simultaneamente diversi tipi di plastica nell’acqua. Si tratta di informazioni chiave di cui abbiamo bisogno quando impieghiamo altre tecnologie, come i droni, per catturare e rimuovere detriti di plastica in ambienti naturali”, ha affermato Mohammadali Olyaei, uno studente di dottorato presso il Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e geotecnica e autore principale del documento.
Inseguire la plastica dai fiumi agli oceani
I ricercatori hanno testato la loro teoria nelle acque del celebre fiume Mississippi, facendo ricorso ad un mix di tecnologie: lo spettroradiometro e una fotocamera reflex digitale per monitorare e classificare vari tipi di detriti, in base alle loro firme spettrali. “Se riusciamo a sviluppare una tecnologia alle sorgenti del Mississippi, in un posto come il Minnesota, per catturare i detriti di plastica, possiamo proteggere gli stati a valle e l’intero oceano dall’inquinamento da plastica. Non appena queste plastiche iniziano a diffondersi sempre di più, il loro controllo diventa sempre più difficile“, ha affermato Ardeshir Ebtehaj, un altro autore dello studio.
I ricercatori sperano di poter applicare il loro esperimento su una scala più larga, per comprendere ancora meglio sia le origini dei detriti di plastica, sia il loro spostamento all’interno dei complessi sistemi fluviali, con l’obiettivo di arrivare a rimuoverli con maggiore facilità.