Il packaging del cibo che compriamo ogni giorno nei supermercati è composto per la gran parte, di materiali plastici, realizzati con processi chimici che portano alla produzione di polietilene e polipropilene, comunemente utilizzati dall’industria agroalimentare.
Polietilene e polipropilene sono nocivi?
Questi materiali, seppure approvati dalla normativa, essendo così diffusi, potrebbero comportare dei rischi per la salute di esseri umani, animali e ambiente, motivo per cui l’Unione Europea ha finanziato un progetto chiamato Fheritale, a cui partecipano infrastrutture di ricerca coordinate da ENEA, a cui prende parte anche il Consorzio Interuniversitario Risonanze Magnetiche di Metallo Proteine dell’Università degli Studi di Firenze, ed altri enti.
I due materiali plastici oggetto dello studio, sono i più utilizzati per la conservazione degli alimenti, di solito usati per gli imballaggi di cibo e bevande, ma non solo, perché sono sulle tavole anche nei prodotti monouso come piatti e bicchieri e vaschette contenenti cibo. Ma perché questi materiali così diffusi sono finiti sotto la lente di ingrandimento di Enea e gli altri enti di Fheritale?
Nano plastiche finiscono nell’ambiente e nell’acqua
E’ noto ormai, grazie alle continue ricerche, che nell’ambiente e nell’acqua in particolare, la dispersione di questi materiali produca micro e nano-plastiche, ma anche particelle metalliche e ossidi di metalli che sono elementi inquinanti ed altamente impattanti a livello ecologico. Ricerche recenti, infatti, hanno dimostrato come le nano plastiche finiscano nel cibo dei pesci, provocandone anche la morte, quindi entrano nella catena alimentare di noi umani, con effetti a lungo termine non ancora indagati.
Packaging cibo, quali effetti sull’uomo
Ora tra gli obiettivi del progetto, grazie al coinvolgimento sinergico delle varie infrastrutture di ricerca, c’è proprio l‘indagine conoscitiva sull’utilizzo diffuso di questi materiali sintetici artificiali e le eventuali implicazioni della loro interazione con ambiente e uomo. Infatti, l’esposizione può verificarsi quando si mangia frutta e verdura impacchettata con questi materiali, ma anche nel tempo, alla fine del ciclo di vita del prodotto, come dicevamo, in seguito all’usura della plastica che finisce nell’ambiente.
“In tal senso, FHERITALE rappresenta uno dei primi passi concreti verso l’applicazione pratica dell’approccio “One Health” che mira a vedere come un unicum la salute ambientale, animale e umana e a integrare “ricerca” e “azioni” in queste importanti aree per affrontare sfide globali”, evidenzia Claudia Zoani, ricercatrice della Divisione ENEA Sistemi agroalimentari sostenibili.
L’approccio multidisciplinare dello studio dunque, da una parte intende indagare la comprensione più completa degli impatti dei materiali polimerici studiati, dall’altra aumenterà l‘accessibilità alla comunità scientifica, consentendo a un numero più ampio di ricercatori di accedere alle tecnologie e alle risorse necessarie per condurre ulteriori indagini.