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Come analizzare l’isola di calore urbana

isola di calore urbana
via depositphotos.com

di Anna Laura Pisello

(Rinnovabili.it) – Quando parliamo di cambiamento climatico, ci riferiamo al mutamento di alcuni parametri ambientali significativi su diverse scale spaziali e temporali. Per quanto riguarda in particolare le variazioni speziali, il fenomeno ad oggi più documentato, su cui non vi è discussione circa la gravità ed il progredire incessante è l’isola di calore urbana. L’isola di calore urbana è infatti forse proprio quel fenomeno che, producendo un sensibile aumento della temperatura delle superfici antropizzate e dell’aria che viene respirata da oltre il 70% della popolazione europea, è in grado di aumentare le condizioni di rischio ambientale, povertà energetica e vulnerabilità della cittadinanza urbana in tutto il mondo. Questo avviene tanto nei paesi in via di sviluppo quanto in quelli all’avanguardia, ancor più caratterizzati da un’intensa concentrazione di superfici antropizzate dedicate ad un ambiente costruito sempre più compatto, in grado di “intrappolare” il calore solare che giunge sulla Terra, oltre che di accumulare la stessa potenza termica emessa dai sistemi di climatizzazione degli edifici ed altri usi, che tutti insieme contribuiscono al cosiddetto “calore antropogenico”.

Al momento le città sono osservate, almeno in Italia, mediante stazioni meteorologiche in numero esiguo e posizionate in condizioni a volte addirittura esterne rispetto agli addensamenti urbanizzati, come per esempio nelle aree aeroportuali, per loro natura distanti chilometri dai centri urbani sovrariscaldati. Altre informazioni circa la distribuzione delle temperature superficiali ci arrivano da immagini satellitari, ma anche in questo caso parliamo di un numero insufficiente di informazioni, spesso con una definizione non adeguatamente accurata per poter misurare impatti precisi dovuti ad azioni specifiche da controbilanciare, magari con interventi di mitigazione. è per questo che stanno emergendo negli ultimi anni numerose soluzioni efficaci che siano in grado di monitorare le condizioni ambientali “microclimatiche” (su una scala di qualche metro fino al quartiere per intenderci) con elevata precisione e granularità spazio-temporale, anche in mano agli stessi cittadini. Queste strategie in gergo si definiscono “transect monitoring systems” proprio perché percorrono spazi definiti all’interno dei quali consentono di stimare proprio quei parametri che influiscono (i) sul numero delle ospedalizzazioni durante ondate di calore, (ii) sul consumo energetico degli edifici, chiaramente estremizzato durante soprattutto la stagione estiva, ma anche (iii) sull’attrattività turistica delle città d’arte o dei siti storico-archeologici. 

Monitorare le variabili microclimatiche all’interno delle isole di calore urbane con elevata precisione rappresenta una sfida costante per rendere le nostre città più resilienti ai cambiamenti climatici. Comprendere e valutare di conseguenza le caratteristiche intra-urbane delle varie aree antropizzate del nostro pianeta è di vitale importanza per garantire una buona qualità dell’ambiente costruito sia negli spazi interni, oggi quanto mai importanti, ma anche degli spazi esterni di prossimità, altrettanto vitali in periodi di restrizioni spazio-temporali come quello che stiamo vivendo.

Per questo motivo, è importante prendere in considerazione ora le possibilità di conoscere il microclima per poter agire prontamente su di esso, mitigando i molteplici rischi dovuti al sovrariscaldamento, pericoloso sia per il sistema elettrico nazionale in crescente stress, sia per la salute umana in condizioni di povertà energetica, cioè laddove non si può avere accesso a sistemi di climatizzazione performanti. 

I modi per conoscere meglio le condizioni microclimatiche fanno spesso parte di esperimenti già messi in atto in numerose città statunitensi, asiatiche ed europee di “citizen science” cioè che si basano anche sulla partecipazione proattiva del cittadino come vettore di informazioni ambientali, oltre che come obiettivo di benessere. Gli strumenti “transect” però possono essere, anzi dovrebbero essere, consolidati ed implementati sulla larga scala dalle Pubbliche Amministrazioni, magari a partire dalle Città Metropolitane in Italia, per poter fruire di dati certi, validati, ed analizzati in tempo reale tanto da personale specializzato, quando da algoritmi di intelligenza artificiale già in grado di stabilire i vari livelli di rischio e fornire una sorta di meccanismo di allerta sulla cittadinanza vulnerabile, come per esempio i bambini, gli anziani, chi soffre di malattie cardiocircolatorie o respiratorie ma anche di quelle psichiatriche, che presentano innegabili correlazioni rispetto alle variabili ambientali e meteorologiche.

Ma parliamo di soluzioni. 

Oggi strumenti indossabili, portatili ed equipaggiati su veicoli pubblici o privati già consentono, seppur in fase sperimentale, di mappare nel tempo e nello spazio ad alta definizione le aree urbane, ed anche quei luoghi non accessibili da parte dei veicoli classici, come i parchi urbani, da sempre considerati veri e propri “polmoni” cittadini, e quindi già di per sé strategie chiave per la mitigazione dell’isola di calore. 

Figura 1 Mappatura della temperature dell’aria nel centro storico di Gubbio (PG) ed immagini termografiche di strade, palazzi e piazze.

In quest’immagine (Figura 1) possiamo notare come si sia in grado letteralmente di mappare la temperatura dell’aria nei tipici tratti urbani percorsi da cittadini e turisti durante una giornata estiva, dove emerge una differenza di quasi 10 gradi centigradi a distanza inferiore di 1 chilometro nel centro storico di Gubbio (PG), dove nel 2017 sono state effettuate queste rilevazioni con un dispositivo indossabile brevettato dall’Università di Perugia (Figura 2) anche grazie ad un progetto europeo di recente concluso che puntava proprio a valutare e migliorare la resilienza urbana rispetto al cambiamento climatico dei siti storici ed archeologici, anche soggetti a rischio di degrado a seguito di fenomeni attribuibili al cambiamento climatico in atto. L’associazione di immagini fotografiche e termografie nell’infrarosso fa poi emergere come le superfici pavimentate siano le più calde poiché appunto caratterizzate da elevata assorbanza della radiazione solare e scarsa permeabilità (soprattutto nel tratto “1” tipicamente percorso per accedere alla piazza principale della città). Allo stesso modo si può notare come già la presenza di un piccolo parco, con alberature ombreggianti (tratto “8”) sia d’altro canto in grado di mitigare il sovrariscaldamento localizzato durante il corso della giornata, soprattutto nelle ore di picco. 

Figura 2 Dispositivo indossabile installato su un caschetto da ciclista, in grado di rilevare i principali parametri ambientali ed effettuare fotografie e termografie in tempo reale. 

Simili soluzioni, anche maggiormente equipaggiate, possono essere installate su veicoli pubblici e privati, come quello del CIRIAF (Centro Interuniversitario sull’Inquinamento e l’Ambiente Mauro Felli) in Figura 3, già attivo da anni su questi temi. Le stazioni di monitoraggio ambientale mobili, dotate di sensori di temperatura dell’aria, radiometri differenziali ed altri, in questo caso possono fornire anche indicazioni utili sulla qualità dell’aria, mediante monitoraggio e mappatura per esempio della concentrazione delle polveri sottili o di ossidi particolarmente dannosi per l’inquinamento ambientale e la salute umana, emessi dal traffico veicolare e dagli impianti termici degli edifici sia in stagione di raffrescamento che di riscaldamento. 

Figura 3 Immagine del veicolo equipaggiato con la sensoristica ambientale e della mappatura dei parametri fondamentali quali temperatura dell’aria (Tair), umidità relativa (RH), concentrazione di anidride carbonica (Co2) e particolato sottile (PM10), velocità del vento (WS).

Ci immaginiamo quindi una città – ma anche un borgo storico o un sito archeologico – che, nell’immediato futuro, sia in grado di conoscere in maniera affidabile e precisa nello spazio le sue condizioni ambientali potenzialmente rischiose per la popolazione, specialmente nei suoi gruppi più vulnerabili. La conoscenza di queste informazioni in tempo reale infatti permetterebbe di sviluppare – sostanzialmente a basso costo – una capacità di intervento efficace e mirata nei confronti della popolazione urbana, e consentirebbe lo sviluppo di piani di resilienza veri, necessari, che si basino sul supporto tanto dei Cittadini quanto delle Istituzioni. 

Non possiamo immaginarci di prevedere l’implementazione di questi sistemi nei veicoli di trasporto pubblico e nei dispositivi di bike sharing e car sharing? 

La scienza e la tecnologia a servizio del cittadino sono pronte per compiere questo passo verso una maggiore vivibilità sia negli spazi interni che esterni di prossimità.

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