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MFR20: L’innovazione in agricoltura? Deve fare rima con sostenibilità

innovazione in agricoltura

“L’innovazione tecnologica nelle campagne dopo il Covid-19” 

(Rinnovabili.it) – Se c’è una cosa che i passati mesi di lockdown hanno reso evidente è che esistono settori che non possono bloccarsi neppure per un secondo di fronte alla pandemia. Uno di questi è ovviamente il comparto agroalimentare, che durante la crisi del Covid-19 ha dovuto spingere al massimo le proprie forze, accelerando dove possibile la corsa all’innovazione. Di questo moto al futuro, si è parlato oggi in occasione de “L’innovazione tecnologica nelle campagne dopo il Covid-19”, talk organizzato dal quotidiano Rinnovabili.it all’interno della Maker Faire Rome 2020 (digital.makerfairerome.eu). Un vero e proprio viaggio nei campi italiani per capire quale direzione abbia intrapreso il settore.

Si parte da un dato: come ricordato in apertura dalla giornalista Isabella Ceccarini, moderatrice dell’incontro, l’agricoltura italiana è già oggi la più green e sostenibile d’Europa.Ha il primato di sicurezza alimentare a livello mondiale e conta circa 60mila aziende biologiche”, spiega Ceccarini. Inoltre “un terzo delle imprese agricole è gestito da donne e giovani, e sono proprio queste realtà le più innovative e resilienti che creano modelli di benessere sul territorio”. 

La pandemia ha avuto un preciso impatto sul sistema agroalimentare nazionale, come evidenzia Veronica Barbati, delegata nazionale Giovani Impresa di Coldiretti. A partire dai problemi legati alle importazioni, con la chiusura delle frontiere, e alla limitazione nel reperimento della manodopera. Nonostante ciò il comparto “ha mostrato una sua solidità. Ponderare oggi tutti gli effetti di questo periodo non è possibile – aggiunge Barbati – ma il mondo agricolo nazionale si è dimostrato resiliente, con una grande capacità di risposta nonostante tutte le difficoltà”.

E gran parte del merito va alla capacità di sperimentare nuove soluzioni orientate all  sostenibilità, intesa nel senso più ampio della parola. D’altra parte, come sottolinea Massimo Iannetta, responsabile divisione Biotecnologie e Agroindustria dell’ENEA “la questione della sostenibilità è al centro di questa pandemia”. In questi mesi è stato più volte evidenziato dalla scienza, il doppio filo che lega la salute planetaria alla gestione delle risorse naturali, e dunque anche acqua, suolo e vegetazione. “Non possiamo immaginare di avere una buona salute se il nostro Pianeta e le nostre risorse non sono in salute”, commenta Iannetta.

Alla luce di questa necessità, Iannetta individua tre transizioni: ecologica, digitale ed economico-sociale. Il comparto agrifood deve poter garantire cibo a sufficienza per una popolazione in continua crescita e deve farlo impiegando in maniera intelligente le materie prime e assicurando prodotti salubri. L’innovazione è lo strumento per lavorare su questi obiettivi, portando a soluzioni che permettano di consumare meno acqua e suolo, ma anche diminuire l’impiego di fertilizzanti, pesticidi e fitofarmaci. “Ma allo stesso tempo dobbiamo garantire anche un’adeguata produzione. E ciò significa anche garantire un reddito adeguato agli agricoltori”. A ciò si affianca la necessità di portare nei campi la rivoluzione digitale che ha iniziato a contaminare le città. Necessità dettata non solo dall’attuale emergenza sanitaria. Tecnologie di automazione, agricoltura di precisione e scienza dei dati possono effettivamente ottimizzare la produzione.   

In realtà, un approccio più tecnologico alle coltivazioni, afferma Barbati, è qualcosa che era già in atto. Ma “l’Italia ha ancora tanta strada da fare”, sebbene “da questo punto di vista la pandemia ha funzionato da acceleratore”. Lo dimostrano i dati delle piattaforme di Campagna Amica: nei mesi di lockdown (e non solo) grazie alla rete gli acquisti di prossimità sono aumentati e attraverso gli ordini on-line il servizio di distribuzione non si è mai interrotto. Per barbati, l’e-commerce sarà un chiaro trend per le imprese agricole, accompagnato ovviamente dalle innovazioni dirette al campo. Un risultato reso possibile anche dalla alta quota di giovani agricoltori a livello nazionale, i più propensi a sperimentare le nuove tecnologie. 

Giovani come Luca Travaglini, socio fondatore e amministratore delegato di Planet Farms. L’azienda si occupa di agricoltura verticale a km 0 attraverso un evoluto sistema che permette di utilizzare le risorse naturali in maniera ottimizzata. Una tecnologia che, ricorda Traviglini, non si pone in contrapposizione all’agricoltura tradizionale ma la affianca, sfruttando soluzioni sostenibili per rimpiazzare strumenti e metodologie con impatti importanti. “Innovazione in questo momento vuol dire concretezza. Ci sono dei problemi reali ed evidenti a cui rispondere. Noi ci stiamo provando e vogliamo farlo a braccetto con l’agricoltura tradizione”. La fattoria verticale di Planet Farms non sfrutta la superficie ma il volume, crescendo in altezza. Impiega sistemi di filtrazione ad hoc per bloccare eventuali patogeni, acqua di seconda falda trattata e razionalizzata (con un risparmio idrico del 98%), luce Led sintonizzata solo sullo spettro necessario alle piante. E fa a meno della terra, preferendo substrati organici specifici per ogni singola coltura. Questa protezione strutturale permette di impiegare sementi puri, “privi di alcun trattamento e debolissimi”, altrimenti impossibili da impiegare. 

A chiudere è l’esperienza di Ariane Lotti, Managing Partner di Tenuta San Carlo. L’azienda è una realtà multifunzionale il cui business principale è la coltivazione di riso, iniziata negli anni ‘6o dai nonni della manager, ma che si occupa anche di ceci, grani antichi, lino dorato e allevamento. “Quando sei anni fa sono entrata nella gestione aziendale non c’era alcun modello d’impresa”, spiega Lotti, raccontando i grandi cambiamenti che hanno rivoluzionato l’impresa di famiglia. “I primi passi sono stati chiedermi: come posso migliorare la qualità ambientale, la qualità del prodotto e il suo prezzo e assicurare un futuro all’azienda e ai nostri collaboratori?” La risposta è stata in parte trovata nell’agricoltura biologicaanche perché l’azienda è, per metà dei sui 400 ettari, all’interno del Parco Regionale della Maremma”. 

Ma l’agricoltura biologica non è un sistema statico e richiede miglioramenti continui. E l’innovazione è uno strumento fondamentale in questo senso. Le due più grandi novità introdotte negli ultimi anni nella Tenuta San Carlo? Gli impianti a goccia per diminuire l’utilizzo d’acqua e la pacciamatura verde.

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