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Innovazione energetica: in Italia pochi investimenti e brevetti

Il Belpaese con 1,31 mld di dollari è in fondo alla classifica della nazioni che credono e spendono per l’innovazione energetica. Il settore pubblico traina la ricerca

Innovazione energetica: in Italia pochi investimenti e brevetti

 

(Rinnovabili.it) – Investimenti, pubblicazioni, brevetti. Tre parametri che possono dare l’idea di quanto un Paese abbia voglia di scommettere in un determinato ambito della Ricerca e Sviluppo (R&S), soprattutto se l’ambito in questione è quello dellinnovazione energetica. A riunirli in una visione d’insieme specifica e puntuale è il Rapporto 2013 sull’Innovazione Energetica di I‐Com (Istituto per la Competitività), think tank indipendente e impegnato nello sviluppo di analisi sul tema della competitività dell’Italia nel contesto politico‐economico internazionale. Il documento, presentato ieri a Roma, dipinge un quadro disomogeneo per l’Italia, ultimo nella classifica dei principali Paesi per gli investimenti nell’Innovazione energetica. Con soli 1,31 miliardi di dollari, il Belpaese mangia la polvere di vere e proprie potenze come la Cina, che nel 20011 ha investito 37,4 miliardi di dollari.

La situazione nazionale mostra comunque segni di miglioramento: sempre nel 2011, anno di riferimento del rapporto, la spesa in R&S in campo energetico è cresciuta sia a livello di risorse pubbliche investite (+23%) sia quelle private (+5%). In particolare, gli investimenti pubblici si sono concentrati sul settore dell’efficienza energetica (24% del totale), che invece a livello globale vede un peso molto inferiore.

 

A far primeggiare l’Italia sono essenzialmente le pubblicazioni scientifiche: i 113 articoli pubblicati nel 2012 dei quasi 2.500 articoli ospitati dalle più prestigiose riviste scientifiche internazionali del settore energetico che ci collocano al quinto posto della classifica dei principali player dell’innovazione energetica. Manca tuttavia un adeguato output in fatto di brevettazione: dei 17.437 brevetti di tecnologie energetiche depositati presso l’ufficio europeo nel 2012, solo 154 sono italiani. Un evidente neo che va ricollegato, secondo gli autori del rapporto, nella struttura stessa del tessuto produttivo, fondato su una larga diffusione di aziende di piccola e piccolissima dimensione.

 

“Attraverso la filigrana del comparto energetico è possibile osservare i nodi e le contraddizioni dell’intero sistema produttivo italiano”  commenta Stefano da Empoli, Presidente di I‐Com, secondo cui “occorre sottolineare ancora una volta come la chiave di volta dell’innovazione debba risiedere nella definizione di politiche di sostegno rivolte specificamente alle PMI, rafforzandone la capacità di cooperazione con le grandi imprese del settore e i centri di competenza nazionali e, più in generale, a livello italiano ma anche europeo nella razionalizzazione dell’impiego delle risorse con una capacità di selezione molto maggiore di settori e luoghi della ricerca. Oggi siamo al paradosso che non c’è neppure un coordinamento nazionale tra quello che fanno ad esempio Regioni ed università quando ne servirebbe uno di livello continentale”.

 

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