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Dal Giappone la tecnologia ad ultrasuoni contro le microplastiche

microplastiche
Via depositphotos.com

Raggiunto un tasso di raccolta del 90% per le microplastiche più grandi di 5 μm

(Rinnovabili.it) – C’è un perché se le microplastiche che stanno inquinando ogni angolo dell’oceano sono così difficili da rimuovere dall’acqua. Si tratta dell’alto costo, in termini di lavoro e denaro, del processo di raccolta e isolamento.

Eppure quei detriti di dimensioni inferiori a 5 millimetri rappresentano una seria preoccupazione per l’ambiente. Si formano dalla scomposizione dei rifiuti di plastica a causa dell’usura e della luce solare, oppure dalle fibre sintetiche utilizzate per i capi di vestiario che finiscono scaricate dalle nostre lavatrici. Un’altra origine delle microplastiche sono i prodotti per la cura della persona, che le contengono sotto forma di piccolissime sfere.

Convenzionalmente, le microplastiche vengono raccolte filtrando l’acqua attraverso una sorta di setaccio. Sabbia e i detriti biologici vengono divisi dalla plastica mediante separazione per densità e trattamento chimico. Successivamente, le microplastiche vengono prelevate manualmente, il che è laborioso e richiede tempo. Inoltre, i setacci possono facilmente intasarsi e non sono in grado di raccogliere particelle più piccole del loro reticolato. 

Ultrasuoni e gallerie contro le microplastiche

Dati tutti questi limiti, alcuni scienziati hanno cercato delle alternative. La più interessante arriva da un gruppo di ricercatori guidato dal professor Yoshitake Akiyama, del Dipartimento di ingegneria meccanica e robotica presso la Facoltà di scienze e tecnologie tessili dell’Università di Shinshu, in Giappone. Il team ha sviluppato un particolare tipo di dispositivo microfluidico, cioè un sistema che convoglia piccole quantità di fluidi in canali di dimensioni micrometriche. Questo genere di dispositivi utilizza la messa a fuoco acustica per raccogliere microplastiche.

Come funziona? La tecnologia acustica genera onde ultrasoniche che trasportano le microplastiche al centro del flusso del fluido che passa per i minuscoli canali. Questa operazione aumenta la raccolta, perché evita che i detriti restino a fluttuare a caso nell’acqua, concentrandoli in un punto preciso. Il problema dei dispositivi tradizionali è che bisogna far passare acqua e detriti per il canale più volte. Così, i ricercatori hanno provato – con successo – a velocizzare le operazioni, utilizzando un dispositivo microfluidico che dallo stelo centrale si dirama in tre canali. Attraverso il primo, l’onda sonora concentra tutta la plastica, mentre nei due laterali scarica il fluido che l’accompagna. Le giunzioni tripartite sono più di una, e in corrispondenza di ciascuna si verifica una crescente concentrazione di microplastiche attraverso l’espulsione progressiva dei fluidi. Complessivamente, questo permette di aumentare di oltre 100 volte la raccolta. Anche la qualità della raccolta è buona, segno che questi “setacci” funzionano bene: il tasso supera il 90% per tutte le microparticelle superiori a 5 μm, che sono troppo piccole per essere controllate attraverso le onde sonore. Per quelle occorrerà trovare nuove strategie, senza disdegnare le tante azioni fattibili a monte della filiera per evitarne la produzione. Per tutte le altre, adesso c’è una soluzione in più.

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