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Gallerie mangia smog con il calcestruzzo fotocatalitico

Testato in un tunnel stradale a Seoul, il nuovo calcestruzzo ridotto di circa il 18% i livelli di concentrazione degli ossidi di azoto in 24 ore

calcestruzzo fotocatalitico
Foto di Alex Zibb da Pixabay

Calcestruzzo fotocatalitico, alla ricerca di efficienza e competitività

(Rinnovbili.it) – Il cemento fotocatalitico non è una novità. È dal 1996 che, grazie alla sezione R&S di Italcementi, si è iniziato a studiare le potenzialità di questo materiale. Dapprima solo per le sue proprietà autopulenti e in seconda battuta per la sua sorprendente capacità di catturare lo smog. Oggi non esiste una ricetta standard ma diverse applicazioni e studi che ne stanno progressivamente ampliando la portata, nella speranza di abbassare i costi produttivi.

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L’ultimo studio in ordine cronologico appartiene ad un gruppo di ingegneri della Corea del Sud, creatori di un nuovo calcestruzzo fotocatalitico. L’elemento chiave è sempre lo stesso: un rivestimento di biossido di titanio (TiO2), composto che reagisce alla luce solare per produrre molecole chiamate specie reattive dell’ossigeno (ROS). Le ROS possiedono un forte potere ossidante che abbatte gli inquinanti atmosferici quali i composti organici volatili, gli ossidi di azoto, gli ossidi di zolfo e l’ammoniaca, prevenendo la formazione di particolato fine.

Testati diversi metodi di applicazione del TiO2

La ricerca condotta dal Korea Institute of Civil Engineering and Building Technology (KICT) ha indagato le prestazioni di rimozione degli ossidi di azoto e di assorbimento acustico del calcestruzzo fotocatalitico poroso preparato attraverso diverse metodologie di applicazione del TiO2. E ha quindi individuato la tecnologia applicativa che permette di raggiungere le migliori prestazioni tecniche e la più alta competitività economica.

I primi test sono stati eseguiti a maggio di quest’anno. Gli scienziati hanno messo alla prova il loro cemento fotocatalitico sulle pareti interne di un tunnel stradale Seoul, in Corea. E i risultati hanno mostrato una riduzione di circa il 18% dei livelli di concentrazione degli ossidi di azoto  in un periodo di 24 ore.

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Per attivare l’azione catalitica è stata usata una sorgente luminosa artificiale installata sulla parete della galleria. Il gruppo di ricerca sta anche conducendo studi per stabilire nuovi sistemi di certificazione delle prestazioni fotocatalitiche, con l’obiettivo di facilitare la commercializzazione e la distribuzione della tecnologia. 

“La tecnologia di costruzione che utilizza i fotocatalizzatori può avere un effetto immediato sulla riduzione del particolato fine nell’ambiente”, ha affermato il dott. Jong-Won, Kwark, capo ricercatore della ricerca. “Abbiamo in programma di costruire un sistema di cooperazione con i governi locali e gli enti pubblici per estendere le dimostrazioni di prova ad altri siti per ottenere la commercializzazione e la distribuzione”.