di Isabella Ceccarini
(Rinnovabili.it) – Enel X fornisce prodotti e servizi innovativi con un obiettivo preciso: cambiare i modelli di approvvigionamento energetico affinché singoli cittadini, aziende e città possano attuare l’ormai indifferibile trasformazione energetica. Solo così si potranno raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Un concetto che potremmo sintetizzare in quattro parole: vivere meglio consumando meno.
Ne parliamo con Francesco Venturini, responsabile di Enel X e presidente di Circular EvolutionTM, l’associazione fondata per divulgare la conoscenza, la diffusione e l’applicazione dei principi dell’economia circolare.
La sostenibilità è legata anche a un uso più efficiente dell’energia. Economia circolare, elettrificazione e digitalizzazione possono accelerare la transizione, a patto di potenziare le energie rinnovabili. A che punto siamo? Le autorizzazioni sono purtroppo una spina nel fianco di chi vuole realizzare gli impianti di rinnovabili.
La missione pubblica di Enel X è quella di aiutare i propri partner a fare un uso più efficiente e sostenibile dell’energia utilizzando principalmente due leve: la digitalizzazione e l’elettrificazione. La digitalizzazione è importante perché ormai è pervasiva in tutto. Se non digitalizziamo in un sistema che ormai è sempre più distribuito sul territorio non riusciamo ad avere un uso efficiente delle risorse. Dal punto di vista dell’elettrificazione, sappiamo che il costo dell’energia (non guardiamo alla situazione di oggi, ma nel medio periodo) potrà migliorare in modo rilevante se continueremo a installare impianti di rinnovabili.
Queste permettono, a fronte di un investimento iniziale, di continuare a sfruttare il sole, vento e l’acqua per produrre energia in lungo periodo. Quindi quel costo è spalmato su dieci-venti anni, però è molto stabile. Il mondo dell’energia sta avendo gli ultimi singhiozzi legati a tanti elementi congiunturali di varia natura; se riusciamo a fare questo passaggio l’elettrificazione diventa essenziale. Passiamo da un mondo che utilizza idrocarburi (pensiamo alle caldaie attuali) a uno che ottiene gli stessi risultati utilizzando le energie rinnovabili.
Negli ultimi cinque-dieci anni la vera competizione è stata tra il gas che costava poco e l’elettrico che costava di più. Oggi il prezzo del gas è esploso e per una serie di ragioni si è portato dietro il prezzo dell’elettricità, quindi dobbiamo capire se questo è un incentivo ad accelerare. Personalmente credo che lo sia.
Però se vogliamo che sia un incentivo e dare una risposta effettiva dobbiamo far sì che tutto il sistema – in particolare quello autorizzativo – cambi, perché è un disastro, e va modificato nella sua interezza. Un disastro dovuto anche alla cosiddetta sindrome Nimby che è ancora molto forte. La scelta è tra vedere quattro pale eoliche sulla collina accanto o pagare l’energia 500 euro a kilowattora. Personalmente preferisco vedere le pale eoliche.
Circular Evolution TM nasce per promuovere modelli di economia circolare e ha proposto il programma di certificazioni Circular Certification TM. Qual è il valore delle certificazioni in un percorso di sostenibilità?
La certificazione è sicuramente un tema di trasparenza e di credibilità.
Purtroppo la sostenibilità in troppi casi nel recente passato è stata utilizzata come strumento di marketing, e questo ha trasformato una cosa buona in un mezzo per spingere le vendite. Spesso anche in modo molto futile, ovvero pubblicizzando grandi progetti in realtà di scarsissimo valore. Ritengo invece che ci siano degli elementi essenziali. Sostenibilità ed economicità devono camminare insieme, altrimenti la sostenibilità non si concretizza.
Dobbiamo cambiare per fare le cose in maniera migliore, da un punto di vista ambientale e di processo: solo facendo cose più efficienti dal punto di vista dei costi di produzione riusciamo a essere più competitivi. Per farlo dobbiamo misurare da dove partiamo, qual è il percorso per arrivarci e vedere con cadenza periodica come ci stiamo muovendo.
Circular EvolutionTM vuole dare degli strumenti credibili – affinché la gente capisca che quello che si sta facendo o che si farà ha delle radici profonde da un punto di vista della sostenibilità – e di facile applicazione. In sintesi, si è cercato contemporaneamente di dare credibilità e facilità applicativa a strumenti che saranno sempre più necessari a tutti per essere sempre più competitivi sul mercato.
Questo sistema comporta dei costi extra per le aziende? Perché poi è quello di cui tutti si lamentano.
La nostra iniziativa vuole essere proattiva e non reattiva di fronte a una situazione che già sta avvenendo. A mio parere, nei prossimi dieci anni aumenterà sempre di più la pressione sulle aziende affinché adottino comportamenti virtuosi. Il comportamento virtuoso può avere due output. Uno è un maggior costo, quindi uno scenario meraviglioso con un costo molto alto; oppure riuscire a costruire questo scenario meraviglioso andando a creare competitività. L’obiettivo, ovviamente, è il secondo. Gli strumenti sono messi a disposizione di tutti: l’azienda li può adottare senza avere bisogno di un terzo perché nella loro ideazione l’obiettivo è renderli di facile applicabilità.
La valutazione iniziale da parte dell’azienda può essere interna, ovvero si applicano gli indici e si capisce dove si è. Una volta che ho capito dove sono, come creo un percorso per passare da un rating 5 a un rating 50 e poi arrivare a un rating 100 tra dieci anni? La metodologia fornisce determinati spunti; a seconda del tipo di accelerazione e quindi del beneficio economico che l’azienda vuole ottenere deve ingaggiare risorse interne ed esterne per sviluppare il percorso e poi applicarlo. Se si vogliono ottenere risultati economici importanti, misurabili, in un determinato lasso di tempo serve un investimento che si ripaga nel tempo in termini di competitività dell’azienda.
Allungare il ciclo di vita dei prodotti fa bene all’ambiente ma fa vendere di meno. È un modello economicamente e socialmente praticabile?
Dipende da come l’azienda vede la propria missione. Faccio un esempio molto semplice. Apple tira fuori un nuovo telefonino tutti gli anni. La gente fa la fila fuori dai negozi per comprare il nuovo modello (forse adesso un po’ meno, per dichiarazione della stessa Apple). Modello 13 l’anno scorso, modello 14 quest’anno. Un miliardo e duecento milioni di telefonini finiscono nelle discariche. Non dico che non devono vendere il modello 14, ma che le aziende devono cominciare a ragionare in un altro modo. Cosa faccio con il modello 13 in maniera che non finisca al macero?
Ci sono due possibilità. Fare in modo che il modello 13 finisca nelle mani di un altro (che non è un modo per limitare il mercato, specie per Apple che gioca tantissimo con i servizi), oppure riciclare il modello 13 e utilizzarlo per costruire nuovi 14.
Non penso che modelli di business sostenibili non vadano d’accordo con il consumismo, o comunque con il far quadrare i conti di un’azienda. Nel momento in cui le aziende iniziano ad adottare i criteri di sostenibilità o torna l’equazione o smettono subito. Avevamo 32 milioni di contatori elettronici della generazione 1 che abbiamo dovuto sostituire con quelli della generazione 2: sono tantissimi. La plastica che utilizziamo per fare le wall box e i contatori è tutta plastica della generazione 1 riciclata e riutilizzata. All’inizio ci spaventava un po’ perché pensavamo che non saremmo stati dentro con i costi, invece non solo ci siamo rientrati ma ci costano meno.
Allora essere green conviene, sia alle aziende che ai consumatori.
Essere green deve convenire, altrimenti non funziona. Non deve essere un esperimento di nicchia riservato a pochi privilegiati, deve riguardare la massa della popolazione. Quindi non è una moda, ma un’altra maniera di fare le cose.