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Quando la CO2 può essere una risorsa

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Credits: depositphotos.com

di Luca Cioccolanti

(Rinnovabili.it) – Negli ultimi decenni, gli effetti sull’ambiente e sull’uomo dovuti alle elevate concentrazioni di anidride carbonica emesse dal continuo consumo di combustibili fossili non si sono certo fatti attendere. Se si considera che il consumo di energia a livello mondiale è previsto in crescita nei prossimi decenni, lo scenario è tutt’altro che roseo.

Tuttavia, sotto un differente punto di vista le abbondanti emissioni di CO2 riversate in ambiente possono essere considerate come un asset. Infatti, esistono o sono in fase di sviluppo ed ottimizzazione diverse tecnologie capaci di convertire questo gas in combustibili solari o in sostanze chimiche di interesse industriale.

Un recente studio condotto dai ricercatori dell’Harbin Institute of Technology – Cina ha analizzato lo stato dell’arte delle diverse tecnologie di conversione. Accanto ai tradizionali processi termici, si stanno sviluppando diverse tecnologie innovative basate su processi fotochimici, biochimici, elettrochimici, al plasma e termochimici solari. Tutte queste tecnologie devono affrontare alcune sfide per la loro applicazione pratica. La trasformazione fotochimica della CO2 sembra essere un approccio emergente soprattutto per la produzione di etanolo ma ai fini di un suo utilizzo commerciale è necessario ridurre il numero di passaggi durante il complesso processo di riduzione.

Anche la riduzione elettrochimica della CO2 è una tecnologia promettente per la quale il catalizzatore riveste un ruolo di fondamentale importanza nella regolazione della resa di questo processo. Per quanto riguarda la tecnologia biochimica per la conversione della CO2, sono state trovate diverse specie microbiche in grado di contribuire in modo efficiente al processo di conversione. Inoltre, diversi organismi possono essere modificati geneticamente per aumentare la resa e l’efficienza del processo biochimico. La tecnologia al plasma è anch’essa utilizzabile per la trasformazione della CO2 attraverso il plasma freddo e quello termico, quest’ultimo considerato l’opzione migliore per il reforming di CH4-CO2. Infine, la tecnologia solare termochimica ha compiuto molti passi avanti e si appresta ad essere un processo di promettente applicazione dei sistemi solari a concentrazione.

L’energia solare concentrata può essere, infatti, sfruttata per la contemporanea generazione di energia e la riduzione di CO2 e H2O in CO e idrogeno molecolare (H2). Oppure, elaborando ulteriormente il syngas è possibile ottenere la produzione di combustibili solari liquidi potendo così sfruttare le attuali infrastrutture senza richiedere un completo cambio di paradigma del sistema energetico nell’immediato.

Per essere ridotta, l’anidride carbonica richiede calore ad alta temperatura così da permettere l’esecuzione di reazioni altamente endotermiche. Attraverso i sistemi solari a concentrazione è possibile raggiungere tali elevate temperature utilizzando l’intero spettro solare della radiazione ed offrendo così un modo termodinamicamente adatto per produrre combustibili solari.  L’anidride carbonica può essere ridotta attraverso diversi processi termochimici solari. Il metodo più efficiente si basa sull’uso diretto della luce solare in quanto non richiede energia aggiuntiva. Altri due metodi su cui si basano i processi termochimici solari sono la conversione termica e la conversione quantistica. Nel primo metodo, la radiazione solare viene prima assorbita e poi viene estratto il lavoro. Nel secondo metodo, invece, l’estrazione del lavoro avviene direttamente dal semiconduttore o da qualsiasi altro materiale utilizzato per assorbire la luce.

La figura sotto mostra una sintesi dei diversi possibili processi termochimici solari.

Fig 1.: differenti tipi di processi termochimici solari (Fonte: Current technology development for CO2 utilization into solar fuels and chemicals: A review, Journal of Energy Chemistry)

Con riferimento ai cicli termochimici, questi hanno la capacità di raggiungere una maggiore efficienza rispetto a quei metodi che richiedono la presenza di un vettore energetico o che utilizzano solamente una piccola porzione dello spettro solare.

I cicli termochimici, infatti, consistono in una catena di reazioni chimiche che decompongono l’anidride carbonica e l’acqua per generare rispettivamente monossido di carbonio o idrogeno a più basse temperature (800–2100 K) rispetto alle quelle richieste dai processi di termolisi.

Nei processi solari termochimici, i reattori solari sono il componente di maggiore importanza verso il quale si stanno concentrando numerosi sforzi di ricerca. Le perdite termiche nel reattore, infatti, limitano in gran parte le velocità e l’efficienza del ciclo traducendosi in uno scarso trasferimento di calore radiativo e conduttivo attraverso le strutture degli ossidi metallici. Oltre allo sviluppo di reattori solari affidabili e performanti la ricerca si sta focalizzando anche nello studio delle prestazioni degli ossidi metallici soggetti ad alte temperature nei cicli di ossido-riduzione. I problemi di base associati alla chimica delle superfici, ai metodi di produzione dei materiali, al trasporto dell’ossigeno, all’impatto del ciclo termochimico sui componenti e sui cambiamenti strutturali richiedono ancora l’individuazione di soluzioni efficienti.

In definitiva, sebbene sia termodinamicamente favorevole convertire la CO2 attraverso reazioni di ossido-riduzione, il fattore conclusivo che determinerà la fattibilità commerciale sarà gioco forza l’efficienza di conversione del processo complessivo attualmente ancora limitata a valori dell’ordine del 10%.

A questo scopo, sarà ancora una volta fondamentale l’individuazione di materiali abbondanti sulla terra che permettendo di lavorare a temperature più basse potranno contribuire a raggiungere efficienze maggiori di tali sistemi.

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