L’oceano assorbe il 25% della CO2 antropica
(Rinnovabili.it) – Gli oceani svolgono un ruolo fondamentale nel mitigare gli effetti del riscaldamento globale sul Pianeta. Assorbono fino al 90% del calore in eccesso in atmosfera, circa 220-240 zettajoule (ZJ) ogni anno. Una quantità di energia enorme: con 2,2 ZJ si potrebbe riscaldare tutta l’atmosfera terrestre di 1°C. E assorbono anche CO2: più o meno il 25% dell’anidride carbonica che l’umanità genera ogni anno. Limitando l’aumento della sua concentrazione in atmosfera e quindi dell’effetto serra. Proprio per questa loro seconda qualità, i mari sono al centro di molti studi per impiegarli come soluzione al climate change. Un metodo innovativo arriva dall’università di Pittsburgh e punta sulla cattura diretta di CO2 dall’oceano.
Come funziona la cattura diretta dall’oceano di CO2
Gli oceani sono al centro di diversi tentativi di applicazioni di geoingegneria. Una delle più comuni prevede di rendere più basico il pH dell’acqua per aumentarne la capacità di assorbire CO2 attraverso l’enhanced weathering, che consiste nel “disfacimento potenziato” di rocce a base di silicati, cioè nell’accelerazione del processo naturale di disgregazione delle rocce a causa degli agenti atmosferici. La polvere ricca di silicati contribuisce ad abbassare il pH.
Il metodo messo a punto a Pittsburgh ribalta il ragionamento: consiste nel sottrarre anidride carbonica all’oceano (per poi stoccarla altrove), con il risultato di aumentarne la capacità di assorbimento. Come avviene la cattura diretta di CO2 dall’oceano?
I ricercatori dell’università statunitense hanno testato due diversi tipi di contattori a membrana, degli strumenti che sono già oggi usati comunemente, ad esempio, dall’industria alimentare per controllare il dosaggio di CO2 nelle bevande. Entrambi usano un solvente a base di una soluzione di sodio che reagisce con l’acqua di mare separando la CO2.
Il primo contattore a membrana (a “solvente incapsulato”) è costituito da un ammasso di minuscole palline che ospitano il solvente, il secondo (a “fibra cava”) è formato da piccoli filamenti pieni del solvente. In tutti e due i casi, la forma specifica serve per aumentare la superficie di contatto tra acqua marina e solvente e quindi ottimizzare il processo di cattura diretta di CO2 dall’oceano.