Le tecnologie di CCUS possono costituire un aiuto concreto, soprattutto per i settori “hard to abate”, per evitare di immettere gas serra in atmosfera.
di Laura Luigia Martini e Andrea Donadon
L’Unione Europea ha fissato per il 2030 ed il 2050 limiti stringenti e ambiziosi sulle emissioni di gas ad effetto serra per salvaguardare l’ambiente e contenere il riscaldamento globale che sta generando impatti molto negativi dal punto di vista climatico.
L’accordo di Parigi stipulato nel 2015 prevede infatti come obiettivo di lungo termine il contenimento del riscaldamento medio globale ben al di sotto di 2°C rispetto al periodo pre-industriale mettendo in campo, al contempo, le misure necessarie per contenerlo efficacemente entro 1,5°C.
Per dar seguito a questo piano tanto ambizioso quanto necessario, l’Unione Europea ha implementato una legislazione denominata “Green Deal” con cui punta a diventare il primo continente ad impatto climatico zero. In particolare, la risoluzione sul clima denominata “Fit for 55” prevede il raggiungimento della neutralità carbonica entro il 2050 mentre già a partire dal 2030 è pianificata una riduzione delle emissioni di gas serra pari al 55% rispetto al 1990.
Il mondo industriale si sta quindi mobilitando per raggiungere quanto prima i limiti di emissione imposti. A questo proposito, le energie rinnovabili giocano un ruolo fondamentale poiché consentono di evitare l’utilizzo di combustibili fossili il cui impiego genera l’immissione in atmosfera di anidride carbonica, uno dei maggiori responsabili dell’effetto serra e quindi dell’innalzamento della temperatura a livello globale.
L’energia solare e l’energia eolica rappresentano le forme di energia rinnovabili che promettono il maggiore sviluppo e saranno sicuramente fondamentali per supportare la transizione energetica. Per raggiungere gli obiettivi imposti dall’Unione Europea, sarà tuttavia necessario che anche gli altri settori, tra cui quello civile e dei trasporti in generale, subiscano una radicale trasformazione per arrivare ad un graduale ma veloce allontanamento dalle fonti fossili.
In questo scenario l’idrogeno è un attore importante e rappresenterà un vettore energetico versatile e fondamentale per la decarbonizzazione sia dell’industria che dei trasporti. E’ importante ricordare però che l’idrogeno, per essere realmente verde, cioè generato senza emissione di anidride carbonica, necessita di energia rinnovabile per realizzare l’elettrolisi dell’acqua da cui può essere estratto.
Tuttavia le fonti rinnovabili presentato alcune limitazioni intrinseche tra cui la discontinuità di erogazione dell’energia che dipende dalla loro stessa natura. Un altro tema non trascurabile è legato alla quantità di energia rinnovabile necessaria per la decarbonizzazione.
Queste criticità sono particolarmente rilevanti in alcuni settori dell’industria che hanno la necessità di utilizzare quantità molto elevante di energia in modo continuativo. Queste attività sono denominate “hard to abate” in quanto sono appunto più difficili da decarbonizzare ed includono: le industrie legate alla trasformazione di ceramica, carta, vetro, cemento oltre ad acciaio ed alluminio. In alcuni casi l’assorbimento continuativo di potenza elettrica si attesta in alcune centinaia di megawatt e disporre di flussi di potenza così elevati costituisce indubbiamente una criticità per l’impiego su larga scala delle fonti rinnovabili.
Lo scenario descritto finora evidenzia da un lato la necessità di operare una transizione ecologica rapida per salvaguardare l’ambiente e dall’altro l’esigenza di utilizzare tutte le soluzioni possibili per rendere questo percorso efficace e sostenibile. In questo quadro si inserisce l’opportunità offerta dalle tecnologie di cattura, utilizzo e stoccaggio dell’anidride carbonica – da qui l’acronimo CCUS ovvero “Carbon Capture, Utilization and Storage” – che, sebbene non evitino la produzione di anidride carbonica a monte dei processi, possono costituire un aiuto concreto, soprattutto per i settori “hard to abate”, per evitare di immettere gas serra in atmosfera. Dopo la fase di cattura, l’anidride carbonica può essere riutilizzata oppure può essere confinata in modo sicuro in opportuni siti di stoccaggio per fare in modo che non vi siano fuoriuscite di gas.
L’anidride carbonica è un gas inerte ma, in concentrazioni elevate, può essere letale per l’uomo e una fuoriuscita incontrollata può generare un brusco aumento dell’effetto serra. Per questo motivo, il metodo di stoccaggio favorito è rappresentato dai siti geologici quali i giacimenti esauriti di petrolio o di gas naturale che studi dedicati e autorevoli confermano essere affidabili e duraturi.
Prima di giungere al sito di stoccaggio è però necessario organizzare una vera e propria catena logistica. L’anidride carbonica viene catturata sotto forma di gas da cui devono essere rimosse eventuali impurità. Il trasporto può avvenire con tubazioni dedicate oppure all’interno di serbatoi via treno, camion o nave.
Considerata la conformazione del territorio italiano e più in generale di quello europeo, appare evidente che il trasporto via nave possa essere in molti casi davvero vantaggioso anche in considerazione del fatto che spesso i siti di stoccaggio si trovano offshore quindi al largo della costa. La nave può infatti trasportare una quantità maggiore di anidride carbonica rispetto ad altri mezzi di trasporto, ad eccezione delle tubazioni che però sono asset mediamente più costosi e meno flessibili in quanto collegano rigidamente un punto di partenza ad un punto di arrivo. La flessibilità del trasporto via nave offre inoltre l’opportunità di realizzare potenziali economie di scala rendendo possibile servire molteplici siti emettitori. Al fine di incrementare la capacità di trasporto dell’anidride carbonica, è inoltre possibile trasportarla allo stato liquefatto in modo tale da aumentarne la densità e quindi il contenuto trasportato. Questa soluzione consente di ridurre i costi complessivi e rende l’intero processo più efficiente.
L’Unione Europea incentiva il processo di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica e lo ritiene uno dei processi che possono concretamente contribuire ad una riduzione dell’impatto ambientale soprattutto nei settori “hard to abate”. Anche per questo motivo, diverse sono le iniziative che stanno nascendo soprattutto nei Paesi del Nord del vecchio continente, iniziative volte a studiare e poi realizzare la catena logistica dell’anidride carbonica.
E’ importante sottolineare inoltre che l’anidride carbonica, dopo essere stata catturata, può trovare impiego in diversi settori. Laddove opportunamente trattata e filtrata, note sono le applicazioni nel settore alimentare. Ma notevoli sono anche gli impieghi nei processi di sintesi per produrre altri composti chimici. Attraverso la metanazione ad esempio, ovvero la combinazione con idrogeno verde attraverso l’impiego di energia rinnovabile, è possibile generare metano in modo completamente verde, in un’ottica di vera e propria economia circolare. Altri possibili utilizzi riguardano la conversione in prodotti con caratteristiche peculiari quali polimeri, materiali da costruzione e carburanti sintetici. Questi processi sono però altamente energivori ed ancora in fase di sperimentazione per cui oggi sono in grado di trattare solamente quantità limitate di anidride carbonica. Per i siti ad elevate emissioni, il trasporto e lo stoccaggio geologico rimangono lo strumento più importante per operare la transizione ecologica nell’attesa che le fonti rinnovabili si rendano disponibili nelle quantità necessarie.
Sebbene il trasporto dell’anidride carbonica anche via nave sia già oggi una realtà per la fornitura del settore alimentare, i volumi in gioco sono piuttosto ridotti e per soddisfare le esigenze di decarbonizzazione dell’industria è necessario sviluppare ulteriormente la tecnologia per trasportare volumi molto più elevati, in sicurezza e ad un costo sostenibile.
Fincantieri, anche tramite la propria consociata VARD, forte di una consolidata e diversificata esperienza su navi dedicate al trasporto di prodotti gassosi allo stato liquefatto, sta concentrando la propria attenzione anche sullo sviluppo di navi per il trasporto dell’anidride carbonica che costituiscono un anello chiave della catena del valore relativa alla CCUS.
Le tecnologie di trasporto così come quelle di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica stanno evolvendo velocemente e presto potranno dare un contributo concreto al percorso di decarbonizzazione anche dei settori “hard to abate”.