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Rifiuti radioattivi, dalla ricerca europea una soluzione per trattamento e stoccaggio 

Rifiuti radioattivi, dalla ricerca europea una soluzione per trattamento e stoccaggio 

di Paolo Travisi

Nessun comune italiano vuole i rifiuti radioattivi, ed in attesa che il Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica individui una soluzione, il progetto europeo PREDIS sta studiando una via alternativa. Finanziato con oltre 23 milioni di euro dal programma Horizon 2020, ha coinvolto 47 partner di 17 Paesi, dei quali sette per l’Italia: ENEA, Istituto nazionale di fisica nucleare, Ansaldo nucleare, Nucleco, Sogin, Politecnico di Milano e Università di Pisa. Il progetto PREDIS punta a sviluppare delle soluzioni innovative per il trattamento e condizionamento dei rifiuti radioattivi a bassa e media radioattività, per i quali la tecnologia attuale non è abbastanza matura da soddisfare tale necessità.

“Rendere solidi e stabili per lunghi periodi di tempo i rifiuti organici liquidi radioattivi è difficile per problematiche di natura chimica. Invece, grazie a nuove formulazioni a base di geopolimeri che permettono di realizzare materiali simili al cemento, siamo riusciti a formulare matrici che forniscono ottime prestazioni potenziali sia in termini di inglobamento del liquido organico sia di robustezza e durabilità nel tempo”, spiega il responsabile del progetto, Giuseppe Augusto Marzo, ricercatore del dipartimento Nucleare dell’ENEA, impegnata in prima linea soprattutto sul trattamento e il condizionamento dei rifiuti organici liquidi, che fa parte di una delle sette linee d’azione del progetto PREDIS. 

Test su depositi temporanei condotti dagli scienziati ENEA

In attesa che a livello nazionale si decida sulla realizzazione dei depositi, sono state testate soluzioni per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi in depositi temporanei già immobilizzati con il cemento.

I ricercatori Enea, nel laboratorio di caratterizzazione radiologica, hanno utilizzato materiali di scarto d’altoforno, con l’obiettivo di verificare e dimostrare che le forme finali di rifiuti radioattivi possono essere più sicure nelle fasi di stoccaggio, trasporto e smaltimento. “Abbiamo testato il campione di materiale per escludere la percolazione di elementi solubili inglobati all’interno della matrice, ma anche per valutarne la stabilità. Le nuove formulazioni a base di geopolimeri ricavati da scorie di altoforno hanno permesso l’inglobamento di liquidi organici fino al 30% in volume e dimostrato una resistenza significativa alla compressione, condizione necessaria affinché queste matrici possano essere adottate per l’utilizzo reale”, ha sottolineato Marzo, responsabile del progetto ENEA.  

Cosa prevede la Direttiva Euratom sui rifiuti nucleari

Terminata la fase di ricerca di PREDIS, ci sarà un secondo step EURAD-2, parte del programma europeo rivolto ai paesi membri per consentire la piena applicazione della direttiva 2011/70/Euratom che richiede ai paesi dell’Unione europea di adottare politiche nazionali sui rifiuti radioattivi e sul combustibile esaurito, stabilendo che ciascun paese sia responsabile per la gestione dei propri rifiuti radioattivi e del proprio carburante esaurito.

La direttiva Euratom ha stabilito:

La proposta del MASE sui rifiuti radioattivi

Ed ecco la proposta: distribuirli nelle tre aree geografiche del paese, nord, centro e sud, mentre le scorie nucleari delle vecchie centrali saranno lasciati all’estero. Dietro pagamento. Ma non bisogna pensare che i rifiuti nucleari derivino solo dalle centrali, visto che in Italia – in seguito alla tragedia di Chernobyl – i referendum abrogativi del 1987 hanno vietato la produzione energetica nucleare sul territorio italiano. “Tutti i giorni produciamo scorie nucleari a bassa e media intensità”, ha detto il Ministro del MASE Pichetto Fratin, riferendosi a quelli che vengono prodotti da ospedali e industrie, che attualmente sono smaltiti in circa 30 siti di stoccaggio. 

Rifiuti nucleari, l’Ue chiede all’Italia di trovare un sito di massima sicurezza

L’UE da tempo chiede al nostro paese di trovare un sito dove poter conservare nella massima sicurezza i rifiuti radioattivi prodotti, visto che quelli più pericolosi sono smaltiti nel Regno Unito e in Francia (a pagamento). La Sogin, la società pubblica per lo smantellamento delle vecchie centrali, ha individuato 51 aree in 6 regioni (Basilicata, Puglia, Lazio, Piemonte, Sardegna, Sicilia), dove si potrebbe costruire il deposito per scorie a bassa e media intensità.

Ma come abbiamo detto all’inizio, i comuni individuati hanno detto no, ed ora la decisione compete al ministero dell’Ambiente, che deve decidere sul da farsi. Dal Mase, infatti, sono convinti che suddividere i rifiuti in tre parti, invece che in un solo sito, possa incontrare una minore opposizione a livello locale. 

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