Rinnovabili

Nucleare? Nella versione Pichetto avrà bisogno di un baseload a gas con CCS

Nucleare? Nella versione Pichetto avrà bisogno di un baseload a gas con CCS
Credit: Camera dei deputati

di Roberto Antonini

Il nucleare darebbe un aiuto al pieno dispiegamento delle rinnovabili, aiutando ad abbassare i costi delle bollette, agevolando il bilanciamento della rete con un baseload più conveniente dal punto di vista economico e ambientale. Questo, in estrema sintesi, il messaggio che recapita il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto nel seguito della sua audizione alle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera.

Il nucleare può contribuire in maniera importante alla decarbonizzazione, essendo una fonte decarbonizzata già a monte, ma anche ad abbassare le bollette”, la valutazione del ministro. Certo, “eolico e fotovoltaico sono tra le fonti che inquinano di meno nell’intero ciclo di vita degli impianti”, concede il titolare del MASE, piazzandosi rispettivamente “al quarto e terzo posto, in base ai dati delle Nazioni Unite”. Poi “al secondo posto c’è l’idroelettrico e al primo posto, come fonte meno inquinante, sempre nell’intero ciclo di vita, c’è il nucleare”, rileva Pichetto.

Non che sia una ricetta valida a ogni latitudine, certo, infatti “ci sono Paesi che inquinano pochissimo grazie al nucleare e altri che inquinano pochissimo senza nucleare, sempre perché ogni Paese sceglie il proprio mix energetico in base a quella che ritiene la soluzione migliore”. Nel caso dell’Italia la possibilità di fornire il carico di base al sistema elettrico tramite SMR, gli Small modular reactor, rispetto ai grandi reattori, “permette una flessibilità ancora maggiore per supportare lo sviluppo delle rinnovabili”, suggerisce il ministro.

Le bollette, dunque. Come riportato nelle analisi del PNIEC 2024, spiega Pichetto, si è verificato che l’inserimento della quota nucleare porta ad un risparmio minimo per il sistema di 17 miliardi di euro, con una valutazione dal punto di vista tecnico-economico. Risparmio calcolato tuttavia “rispetto ad uno scenario di riferimento in cui il carico di base è sostenuto principalmente dal gas e dagli impianti con CCS”, precisa il ministro. Un risparmio legato al loro minore uso (regole del mercato elettrico permettendo).

“Lo scenario con nucleare, infatti, potendo produrre energia elettrica a costi inferiori rispetto agli impianti convenzionali con CCS, decarbonizza i settori di uso finale ricorrendo ad una maggiore elettrificazione e produzione di idrogeno e combustibili sintetici”, valuta Pichetto. E “oltre a soddisfare una maggiore richiesta, il nucleare riduce la necessità di ricorrere sia alla generazione a gas naturale con CCS, sia alla produzione da bioenergie con CCS”. Risparmio da 17 miliardi di euro calcolato nello scenario nucleare conservativo, “in cui abbiamo considerato soltanto la metà del potenziale di nucleare installabile, rispetto a quanto venuto fuori dalle analisi della Piattaforma”.

Tutto ciò, ad ogni modo, in presenza di “un sistema in cui il necessario carico di base è comunque sostenuto per la maggior parte da altre fonti non rinnovabili, principalmente gas con CCS e non relativo al confronto con uno scenario 100% rinnovabili. In tale ipotesi “i costi di sistema aumenterebbero notevolmente, a causa dei necessari adeguamenti delle reti di trasmissione, del sovradimensionamento degli impianti di produzione rinnovabile, che già ora stanno vedendo l’opposizione degli enti locali, dell’importante aumento della capacità di accumulo per compensare la mancanza di produzione in assenza di sole e vento, e così via”, valuta il titolare del MASE. 

Non che il nucleare sia al riparo dal pesare in forma di incentivi sul bilancio pubblico, non sarà la sola fonte di sostegno, però, visto che – come nel caso delle rinnovabili a dirla tutta – ci sarà anche un importante ruolo dei privati. Sicuramente sarà possibile prevedere incentivi, come per eolico, solare, gas e tutte le altre fonti di energia” ma d’altronde, “essendo il mercato previsto anche quello dei grandi impianti energivori e delle società di gestione energetica, la collaborazione tra pubblico e privato vedrà una grossa fetta di investimenti anche da parte di questi ultimi”, segnala il ministro.

Per l’ennesima revanche del nucleare in Italia, come noto, il Governo Meloni punta sugli SMR, nella speranza che arrivino tra 2030 e 2035, in attesa degli ancora più avanzati e in fase di sviluppo AMR. “I costi previsti dei primi SMR sono più bassi dei 3 miliardi citati, i tecnici mi dicono che non superano i 2,5 miliardi, ma si tratta in ogni caso del costo del primo reattore”, con alcune valutazioni che scendono fino a 2 miliardi. “La commercializzazione in serie è uno degli elementi fondamentali per tutti i progetti di SMR e porterà ad una diminuzione dei costi”, segnala il titolare del MASE.

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