“La fisica del reattore non è cambiata, i problemi nucleari sono sempre gli stessi, non ci sono in commercio soluzioni diverse che garantiscano sicurezza e riduzione dei rifiuti, quindi la decisione del governo non è esaustiva rispetto alla crisi energetica, ai costi e all’emergenza climatica”. Katiuscia Eroe, Responsabile energia di Legambiente e membro della segreteria nazionale dell’associazione, in audizione alle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul ruolo dell’energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione, in una frase riassume e sintetizza efficacemente lo stato delle cose per quanto riguarda la revanche atomica decisa dal governo Meloni. “Esprimiamo forte preoccupazione rispetto alla volontà del governo di voler inserire il nucleare nel mix energetico, preoccupazione per problemi affatto risolti rispetto alle tecnologie proposte”, dice ai deputati delle due commissioni.
“C’è soprattutto il tema dei costi, che ha a che fare con la volontà, giustissima e necessaria, di ridurre i costi energetici delle imprese e aggiungo delle famiglie”, segnala Eroe riprendendo uno dei cavalli di battaglia dei nuclearisti, quello per cui ‘il nucleare abbassa le bollette’. “L’International Energy Agency associa alla generazione elettrica nucleare un costo da 170 dollari al MW contro i 50 dollari/MW del fotovoltaico, i 60 dollari dell’eolico onshore e i 70 dell’eolico offshore”, spiega la rappresentante di Legambiente, “dati non solo confermati dall’Agenzia dell’energia stessa ma anche da Lazard, una delle più importanti banche d’affari e di investimento al mondo, che cita per la generazione nucleare un costo del 14% più alto di quello indicato da IEA e quindi 183 dollari al MW per il nucleare. Sono costi importanti che dovrebbero essere presi in considerazione”.
Valutazioni che non arrivano da circoli di figli dei fiori bensì da istituzioni economiche e finanziarie del nord globale. “Costi che potrebbero essere decisamente ridotti se guardiamo alle esperienze di altri Paesi come la Germania rispetto a tecnologie mature e pronte per ridurre costi”, come le rinnovabili, soluzioni “che richiedono sì investimenti ma investimenti che faremmo comunque rispetto al PNIEC, parliamo di 80% rinnovabili e 20% nucleare, (11-20 la fascia indicata) con un protagonismo delle prime, per cui in base al piano dovremmo comunque fare investimenti in reti, accumuli, idrogeno verde che oggi sarebbe già pronto per ridurre costi”. Insomma, niente che il ritorno del nucleare possa evitare.
Quale nucleare, poi? Il Governo giura che non ci saranno le classiche grandi centrali ma nuove tecnologie piccole, scalabili, gestibili e soprattutto molto sicure come gli Small Modular Reactor o gli Advanced Modular Reactor. “Nel PNIEC si parla di AMR e SMR su cui non abbiamo informazioni, che pur erano state annunciate. Viviamo una mancanza di informazioni da parte del governo rispetto alle loro previsioni”, lamenta Eroe. “Ci sono invece tecnologie su cui potremmo puntare già da ora, ma gli investimenti sul nucleare rischiano di far perdere tempo al Paese e farci restare dipendenti dal gas, che oltre a essere una fonte climalterante è anche decisamente costosa, e lo vediamo con i rialzi delle bollette”, in agguato vista la ripresa delle tensioni sui mercati del gas.
Mentre la coda fredda invernale fa aumentare i consumi domestici svuotando gli stoccaggi di metano, questi in primavera andranno riempiti di nuovo ma alle nuove quotazioni, cosa che già si avverte guardando i futures sul gas con consegna a marzo-aprile. Tema dei costi che comunque incombe sulla generazione elettronucleare, con conseguenze anche nel paese più nucleare d’Europa, quello indicato come esempio.
“EDF ha visto 64 miliardi di euro di debiti accumulati perché doveva garantire prezzi bassi dell’energia, è dovuto intervenire lo Stato che dopo 17 anni di Borsa l’ha nazionalizzata. La Germania, invece, chiudendo il nucleare è passata dal 48,9% rinnovabili al 67,2 da 2022 a 2024, e contestualmente ha ridotto il carbone da 33% a 24%”, riassume Eroe.
Infine, “c’è il tema dei tempi. Stando alle esperienze europee, a Flamanville in Francia ci sono voluti 17 anni, ma l’emergenza di ridurre costi è attuale non possiamo aspettare nella migliore delle ipotesi 10-15 anni per dare una risposta, questo ci preoccupa”, conclude la responsabile Energia di Legambiente, “oltretutto – conclude – siamo in attesa di un deposito nazionale definitivo con grandi problemi sull’individuazione dell’area”. Già, il deposito del nucleare civile, industriale e medicale, che continuiamo ad accumulare ogni giorno in numerosi depositi sparpagliati nel Paese: c’è anche quello, ma con il gran brillare della Fenice nucleare si rischia di dimenticarsene.