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L’Europa non ha più zone costiere intatte

Uno studio internazionale guidato dalla Queensland University australiana traccia la mappa dell’impatto antropico sulle coste, sia dal lato marino che da quello dell’entroterra. Si salvano solo le aree più remote di Canada, Groenlandia e Siberia russa

Zone costiere: solo il 15% delle coste globali non subisce eccessiva pressione antropica
Foto di spedney da Pixabay

Il primo check-up globale dello stato di salute delle zone costiere

(Rinnovabili.it) – Salvo qualche area nel nord della Norvegia e della Finlandia, l’Europa non ha più zone costiere intatte. Una situazione condivisa con tutti gli altri continenti. A partire dall’Asia meridionale a quella sud-orientale, all’Australia del sud, alla maggior parte dell’America Latina eccetto la Patagonia, a vasti tratti dell’Africa. Solo il 15% delle coste globali è ancora in uno stato di conservazione soddisfacente e non subisce pressioni antropiche dirette.

Il primo check-up globale dello stato di salute delle zone costiere rivela quanto sono pervasive le attività umane. Lo studio, realizzato da un team internazionale di ricercatori sotto il coordinamento della Queensland University australiana, ha incrociato due serie di fattori. Da un lato l’impronta umana sul primo entroterra, dall’altro lato quelli che indicano la pressione antropica cumulativa, poi sintetizzata in un indice che esprime l’impatto sul settore marino delle zone costiere. Per entrambi, il raggio considerato è di 50 km dalla linea di costa.

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I tratti costieri che si possono ancora definire intatti sono pochissimi e concentrati quasi tutti alle latitudini più estreme di Canada, Russia e Groenlandia. Quasi la metà delle zone costiere (il 47,9%) sono fortemente soggette all’impatto dell’uomo. La situazione è davvero trasversale visto che più di 8 Stati su 10 (l’84,1%) hanno almeno la metà delle sue coste in uno stato di degrado ecosistemico. Non solo: più del 40 per cento delle aree che godono di qualche forma di protezione sono in realtà soggette tutt’ora a forti pressioni antropiche.

“Si può dire che le regioni costiere intatte sono ormai rare”, scrivono gli autori. “Questo ha profonde implicazioni per la biodiversità costiera e per l’umanità, ricordano, dato che “dipendiamo da ecosistemi costieri funzionanti per servizi ecosistemici come la mitigazione del cambiamento climatico, la fornitura di cibo e la protezione dalle tempeste”. Invertire la rotta non è semplice. “Molte delle regioni costiere rimaste intatte sono a latitudini più alte, quindi è necessario un ripristino su larga scala in gran parte delle regioni costiere della Terra”.

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La COP26 di Glasgow ha ribadito l’obiettivo di proteggere almeno il 30% delle terre e delle acque globali entro la fine del decennio. Ma il riconoscimento di una forma di protezione non è di per sé garanzia di corretta conservazione dell’ecosistema. Il problema principale? La pesca. L’attività umana più pervasiva – a tutte le latitudini – che ha un impatto negativo sulle aree costiere.