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WWF: COVID-19 ha un impatto negativo sulla tutela degli ecosistemi naturali

ecosistemi naturali
Di Cody PopeOpera propria, CC BY-SA 3.0, Collegamento

WWF avverte: la crisi causata dalla diffusione di COVID-19 potrebbe avere un impatto devastante sulla conservazione degli ecosistemi naturali più fragili

(Rinnovabili.it) – Ormai lo sappiamo, le misure restrittive dovute alla pandemia da COVID-19 hanno ridotto il disturbo umano negli ecosistemi, anche urbani, permettendo da un lato ad alcune specie animali di riprendersi i loro spazi, dall’altro abbassando l’inquinamento sia atmosferico che acustico. 

Ma, come fa notare WWF, non è per forza una buona notizia. A ridursi sono stati infatti anche i finanziamenti alle aree protette e il turismo, in particolare in aree fondamentali per la conservazione degli ecosistemi naturali: il rischio è che l’assenza di visitatori e le scarse risorse per i controlli rendano queste aree sempre più esposte a interessi criminali. Il turismo, nel corso degli anni, si è infatti rivelato fondamentale per finanziare progetti di conservazione e tutela, supportando al contempo le economie locali, necessarie per la gestione degli ecosistemi.

Secondo un rapporto del 2018 della World Bank, il turismo, nelle sole aree protette, genera introiti per oltre 600 miliardi di dollari all’anno e per alcuni paesi dipende quasi esclusivamente dagli ecosistemi naturali. Nonostante flussi turistici troppo intensi creino problemi all’ambiente, secondo WWF la loro mancanza rischia di far saltare l’economia di molte aree protette che da questi dipendono” anche in “luoghi a cui è affidata la conservazione di specie e di habitat: parchi nazionali, riserve, santuari, veri e propri patrimoni dell’umanità”. 

Per l’associazione, vista la situazione attuale, “l’unico vero scudo contro i crimini di natura sono i ranger”, in prima linea per la protezione degli ecosistemi naturali nonostante siano “sottopagati, […] spesso senza nessun tipo di assicurazione e con attrezzature ridotte”. Nel solo 2018 sono stati oltre 100 “i ranger, uomini e donne, uccisi mentre garantivano un servizio cruciale per tutti noi” e, allo scoppiare della pandemia, non sono rientrati nelle loro case, ma “sono rimasti sul campo”. La mancanza di risorse e lo scarso interesse dovuto all’attenzione focalizzata su COVID-19 – è già stata stimata una riduzione del 30% del budget destinato ad alcune riserve naturali potrebbero però avere un impatto devastante sul lavoro dei ranger. 

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In questi pochi mesi sono già state segnalate in tutto il mondo numerose attività illegali, come l’uccisione di ibis giganti in Cambogia e di rinoceronti in Sud Africa, o ancora i traffici di pangolini dall’Asia all’Africa. I ranger hanno individuato però anche un diverso tipo di pressione verso specie e habitat protetti, sempre dovuto alle misure di lockdown: lo spostamento di massa dalle città alle aree rurali che ha portato le persone ad utilizzare “le risorse naturali per soddisfare i propri bisogni e per combattere la fame”. 

La situazione, già grave, è peggiorata dal fatto che la fauna selvatica non sia immune a Sars-Cov-2. A fine marzo 25 ricercatori avevano lanciato l’allarme per quanto concerne i primati, molto sensibili alle malattie respiratorie umane, esortando “governi, ricercatori, professionisti del turismo e agenzie di finanziamento a ridurre il rischio di diffusione del virus tra le grandi scimmie in via di estinzione”. Anche il caso della tigre Nadia nello zoo del Bronx a New York, primo animale negli USA infettato dal nuovo coronavirus, ha fatto nascere preoccupazioni, portando la World Organisation for Animal Health, ad attivare ricerche sul contagio animale e sulla trasmissione di COVID-19 tra diversi esseri viventi.

Per WWF l’unico modo che abbiamo per proteggere gli ecosistemi naturali “e quindi noi stessi, è sostenere il lavoro dei ranger, fermare il bracconaggio e l’orrendo commercio di animali selvatici che in molti casi lo genera”. 

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