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Da oggi, vivere in un ambiente sano è un diritto umano fondamentale

“Questa risoluzione invia un messaggio: nessuno può portarci via la natura, l'aria e l'acqua pulite o un clima stabile, almeno non senza combattere”, ha dichiarato Inger Andersen, direttrice esecutiva dell’Unep

Vivere in un ambiente sano: da oggi è un diritto umano
Foto di Peggychoucair da Pixabay

La risoluzione sul diritto a vivere in un ambiente sano approvata dall’Onu con 161 sì e 8 astenuti

(Rinnovabili.it) – Dal 28 luglio, la lista dei diritti umani ne conta ufficialmente uno in più. Con un voto storico, l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha sancito che vivere in un ambiente sano è uno dei diritti fondamentali dell’umanità, al pari del diritto alla vita, della libertà di opinione, del diritto all’educazione e al lavoro.

“Non senza lottare”

“Questa risoluzione invia un messaggio: nessuno può portarci via la natura, l’aria e l’acqua pulite o un clima stabile, almeno non senza combattere”, ha dichiarato Inger Andersen, direttrice esecutiva dell’Unep, l’agenzia Onu per la protezione ambientale.

Il cambiamento climatico e il degrado dell’ambiente sono due delle minacce più gravi per il Pianeta, riconosce la decisione votata in plenaria a New York. Per questo gli stati devono intensificare gli sforzi per garantire a tutti l’accesso a un ambiente “pulito, sano e sostenibile”, stabilisce la risoluzione sul diritto umano a vivere in un ambiente sano.

L’Onu e il diritto a vivere in un ambiente sano

L’assemblea generale dell’Onu ha approvato la risoluzione con 161 voti a favore, nessun contrario e 8 astenuti. Si tratta di Bielorussia, Cambogia, Cina, Etiopia, Iran, Kyrgyzstan, Russia e Siria. Il testo votato non è vincolante per gli stati, ma i promotori sperano che generi effetti positivi “a cascata” e, nel tempo, diventi un punto di riferimento tale da innervare i trattati internazionali e multilaterali.

Di voto “storico” hanno parlato sia il segretario generale Onu Antonio Guterres, sia l’Alta commissaria per i diritti umani dell’Onu Michelle Bachelet. “Oggi è un momento storico, ma la semplice affermazione del nostro diritto a un ambiente sano non è sufficiente. La risoluzione dell’Assemblea Generale è molto chiara: gli Stati devono attuare i loro impegni internazionali e intensificare gli sforzi per realizzarlo. Tutti noi subiremo effetti molto peggiori dalle crisi ambientali, se non lavoriamo insieme per scongiurarle ora”, ha dichiarato Bachelet.

Secondo Bachelet, anche se il diritto umano a vivere in un ambiente sano non ha valore cogente dal punto di vista legale, fornisce comunque delle linee guida sia per i modelli di business (privati) che per le politiche economiche. Lo sfruttamento delle risorse naturali del Pianeta, quindi, è un tema che rientra nell’alveo dei diritti umani e come tale va trattato. Alla ragion economica, si deve affiancare anche un ventaglio di considerazioni di altra natura.

Cosa significa il diritto a vivere in un ambiente sano

La risoluzione sottolinea che il diritto a vivere in un ambiente sano è legato al diritto internazionale esistente e afferma che la sua promozione richiede la piena attuazione degli accordi ambientali multilaterali.

Inoltre, il testo riconosce inoltre che l’impatto del cambiamento climatico, la gestione e l’uso non sostenibile delle risorse naturali, l’inquinamento dell’aria, della terra e dell’acqua, la gestione scorretta delle sostanze chimiche e dei rifiuti e la conseguente perdita di biodiversità interferiscono con il godimento di questo diritto. Quindi, il danno ambientale ha implicazioni negative, sia dirette che indirette, per l’effettivo godimento di tutti i diritti umani.

Con il riconoscimento dell’Assemblea generale Onu, si chiude un percorso iniziato 50 anni fa con la Conferenza di Stoccolma sull’ambiente umano del 1972, che aveva già raggiunto un tornante storico l’autunno scorso. A ottobre, infatti, una risoluzione con un testo molto simile era stato finalmente approvata dal Consiglio Onu per i diritti umani.

Il passo in avanti avrebbe “un potenziale di cambiare la vita in un mondo in cui la crisi ambientale globale provoca più di nove milioni di morti premature ogni anno”, spiegava David Boyd, relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani e l’ambiente. Boyd aveva definito la decisione una “svolta storica”.