Il piano di ripresa UE si fonda sul principio del "non nuocere", destinando il 25% delle risorse al clima. Ma per alcuni osservatori è ancora troppo poco.
Sui vincoli ecologici del piano di ripresa UE, le reazioni vanno dall’entusiasmo allo scetticismo.
(Rinnovabili.it) – La proposta di finanziamento da 750 miliardi di euro dell’Unione europea per aiutare gli Stati membri a riprendersi dalla crisi del coronavirus prevede una serie di vincoli ecologici, con il 25% del totale delle risorse destinato all’azione per il clima.
La spesa, infatti, è guidata da una tassonomia delle finanze sostenibili, che mira a incanalare gli investimenti privati in tecnologie che contribuiscono ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali predefiniti dell’eurozona, come la mitigazione dei cambiamenti climatici. Il principio guida del piano di recupero è il “do not harm” (la cui traduzione è “non nuocere”), nel tentativo di evitare pratiche e azioni che possano compromettere gli obiettivi ambientali.
L’annuncio è stato accolto con favore dai fondi pensione e dai gestori patrimoniali dell’Institute Investors Group on Climate Change (IIGCC), che hanno affermato che una ripresa verde è “l’unica opzione” per evitare di definire piani di investimento che altrimenti rischierebbero di “alimentare la crisi climatica per i decenni a venire“.
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Aggiungendo vincoli ecologici al suo fondo di risanamento, la Commissione Europea sta anche cercando di ripristinare condizioni di parità tra gli Stati membri dell’UE. Durante la crisi, i governi nazionali hanno speso quasi 2 miliardi di miliardi di euro in aiuti di stato per aziende in difficoltà e piccole imprese, ma senza alcuna “condizione verde”. E il 52% di questi aiuti è stato speso dalla sola Germania, sollevando timori che la crisi aumenterà le disparità economiche all’interno del blocco.
Per questa ragione, ci sarà una stretta supervisione politica su come saranno spesi i fondi di recupero dell’UE. In primo luogo, i paesi dell’UE dovranno formalmente fare domanda per il fondo e presentare un piano nazionale. La Commissione valuterà i piani sulla base delle raccomandazioni specifiche per paese, dei vincoli ecologici e degli obiettivi più ampi del Green Deal e dell’agenda digitale. I paesi dell’UE potranno esercitare un controllo attraverso un voto (secondo la procedura a maggioranza qualificata del comitology) per approvare o respingere i piani nazionali. Il Parlamento europeo sarà inoltre pienamente coinvolto come colegislatore nel bilancio dell’UE e avrà quindi voce in capitolo sull’intera spesa.
Gli ambientalisti hanno espresso sentimenti contrastanti sul piano di ripresa, con reazioni che vanno dall’entusiasmo allo scetticismo. “Mi congratulo con il presidente von der Leyen e la sua Commissione per la loro leadership e lungimiranza”, ha dichiarato a Euractiv Sandrine Dixson-Declève, copresidente del Club di Roma. Declève è stata particolarmente colpita dalla proposta della Commissione di allineare le spese per la ripresa al Green Deal e alla tassonomia della finanza sostenibile.
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Anche il think tank sul clima E3G è stato colpito positivamente, sebbene abbia espresso riserve. Il piano della Commissione “istituisce la struttura necessaria per una ripresa paneuropea”, ha affermato Manon Dufour, direttore dell’ufficio di Bruxelles dell’E3G. La proposta “sostiene la visione europea di raggiungere la neutralità climatica e istituisce una forte governance europea per garantire che nessun investimento fatto a fini di ripresa possa danneggiare gli sforzi climatici del blocco”, ha affermato Dufour.
Tuttavia, ha anche avvertito che una forte governance del fondo “non è di per sé sufficiente” e che la quota climatica del 25% nel bilancio dell’UE “è troppo bassa, data la portata della sfida”. Climate Action Network Europe, da parte sua, ha denunciato una campagna di greenwashing da parte della Commissione europea. “La proposta consente ancora di spendere soldi per sostenere i combustibili fossili attraverso finanziamenti per lo sviluppo regionale nell’ambito della Corona Virus Investment Initiative”, ha dichiarato CAN Europe. “La Commissione non è riuscita a fare del Green Deal la tabella di marcia dell’Unione europea per uscire dalla crisi COVID-19“.
Greenpeace ha affermato che il piano di risanamento della Commissione è “irregolare”. Anche se il piano include diversi vincoli ecologici e piani “verdi”, come piani di ristrutturazione della casa, tasse sui rifiuti di plastica monouso e una tassa digitale, non pone fine al sostegno per gas, petrolio, carbone e agricoltura industriale. “Per ogni misura ragionevole, ce n’è un’altra che ci tiene dipendenti dai combustibili fossili, incoraggia la distruzione della natura e prolunga l’insicurezza del lavoro“, ha affermato Jorgo Riss, direttore di Greenpeace UE. “Non riuscire a tagliare le industrie che inquinano l’ambiente e sfruttano le persone ci riporterà al disastro“.