Secondo l’Energy Transitions Commission, la COP26 si dovrebbe focalizzare su tre aree prioritarie: taglio delle emissioni di metano, dimezzare il tasso di deforestazione globale e un accordo globale sul phase out del carbone. Insieme ad altre misure permetterebbero di chiudere il gap di 20 Gt di CO2 che ci separa dagli 1,5 gradi pattuiti a Parigi
(Rinnovabili.it) – Le politiche climatiche attuali ci portano verso un mondo 3,2 gradi più caldo, mentre le promesse dei singoli Stati sono ancora distanti dall’obiettivo di 1,5°C di riscaldamento globale e produrranno ancora 17-20 Gt di CO2 in eccesso. A Glasgow, il 1° novembre, servirà una sterzata decisa. Ma l’agenda del vertice sul clima non sembra dare il giusto spazio ai temi più importanti.
Cosa dovrebbe discutere la COP26? Secondo l’Energy Transitions Commission (ETC) – una piattaforma che riunisce esponenti di industria, finanza e climate advocacy da tutto il mondo – le priorità sono sei, costano poco e non hanno bisogno di tecnologie futuristiche (il punto debole di molte ricette proposte in questi anni).
Le proposte dell’ETC per il vertice sul clima di Glasgow
Tre punti sono più importanti degli altri per Keeping 1.5°C Alive, tenere a portata l’obiettivo degli 1,5 gradi, come recita il titolo del rapporto di ETC. Il vertice sul clima di Glasgow dovrebbe affilare la diplomazia per stringere un accordo globale sulla riduzione delle emissioni di metano. “Azioni a basso costo potrebbero ridurre le emissioni legate ai combustibili fossili del 60% entro il 2030”, sostengono gli autori del dossier, mentre “le emissioni derivanti dall’agricoltura e dalla gestione dei rifiuti potrebbero essere ridotte del 30%”. Un passo in questa direzione è stato appena fatto: il Global Methane Pledge sottoscritto da UE e USA tocca tutti questi punti e mira a ridurre del 30% le emissioni di metano entro la fine del decennio.
Seconda priorità per il vertice sul clima: decarbonizzare il settore energetico e accelerare l’addio al carbone. “Un divieto immediato sulla costruzione di nuove centrali elettriche a carbone, combinato con un’eliminazione graduale delle centrali a carbone esistenti, potrebbe fornire 3,5 Gt di ulteriori riduzioni delle emissioni entro il 2030”, sostiene l’ETC.
Ma su questo fronte le speranze non sono molte: sia al G7 che al G20 sono volati gli stracci e non è emersa nessuna posizione comune. Qualcosa può ancora cambiare con l’appuntamento conclusivo del G20 italiano, in programma a Roma a fine ottobre, proprio pochi giorni prima dell’appuntamento di Glasgow, ma per ora restano resistenze fortissime da Australia, Cina, India e Russia.
Per aggirare parte del problema, il dossier suggerisce di abbinare il phase out a aiuti dai paesi più ricchi. “I paesi sviluppati dovrebbero impegnarsi a eliminare gradualmente entro il 2030 e i flussi di finanziamento del clima delle economie sviluppate dovrebbe sostenere una graduale eliminazione nei paesi in via di sviluppo”.
Infine la deforestazione: perché il vertice sul clima sia un successo, bisogna trovare un accordo per dimezzare il disboscamento, avviare la riforestazione e migliorare altre pratiche di uso del suolo. Tutte insieme, queste iniziative potrebbero tagliare 6,5 Gt di CO2 l’anno entro il 2030.
Altre misure a portata di mano potrebbero aiutare a tenere il mondo in linea con l’obiettivo di 1,5 gradi. Tra queste, l’elettrificazione dei trasporti su gomma che passi dallo stop alla vendita di auto a combustione entro il 2035 (-2,3 Gt), la decarbonizzazione accelerata della filiera dell’edilizia, dell’industria pesante e dei trasporti pesanti, e infine più sforzi per aumentare l’efficienza energetica e dell’uso delle risorse.
lm