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“Il vertice sul clima di Glasgow è già fallito”: ONU e UK sfoderano il piano B

Manca troppa strada per considerare l’obiettivo degli 1,5 gradi davvero a portata di mano: gli impegni climatici dei paesi non sono abbastanza ambiziosi. Il nuovo obiettivo: aggiornarli al massimo tra 5 anni.

Vertice sul clima: la COP26 di Glasgow non onorerà l’accordo di Parigi
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Dietro le quinte, gli organizzatori del vertice sul clima confessano la loro frustrazione

(Rinnovabili.it) – La COP26 non basterà a mettere il mondo sulla traiettoria degli 1,5°C e non manterrà le promesse. Lo confessano ormai apertamente, anche se dietro le quinte, gli organizzatori del vertice sul clima di Glasgow che inizia tra meno di 5 settimane: funzionari delle Nazioni Unite e della Gran Bretagna che devono fare i conti con una distanza ancora enorme tra aspirazioni e risultati messi in cassaforte finora.

L’obiettivo originario del vertice sul clima era di mettere il mondo sulla traiettoria più ambiziosa stabilita con l’accordo di Parigi del 2015. Una mossa ormai giudicata necessaria e urgente da più parti, anche ai massimi livelli. A partire dal segretario generale dell’ONU, fino alle agenzie più disparate tra cui l’IEA. Si trattava di spingere abbastanza paesi a mettere nero su bianco nuove promesse sul taglio delle emissioni. Un compito che si è rivelato ben più difficile del previsto: Londra non è riuscita neppure a far promettere l’addio al carbone ai paesi del G7.

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Le rivelazioni sono riportate dal Guardian, che cita una serie di alti funzionari (rigorosamente anonimi). Una gola profonda dalle Nazioni Unite confida al quotidiano britannico che “non arriveremo a una riduzione [delle emissioni] del 45%, ma ci deve essere un certo livello di contributi sul tavolo per mostrare la tendenza al ribasso delle emissioni”. Gli fa eco un funzionario del Regno Unito: il vertice sul clima “non ci darà tutto ciò che vogliamo [sulle emissioni], anche se ci potrebbero ancora essere passi avanti positivi su altri fronti come “l’eliminazione graduale del carbone, i finanziamenti per il clima ai paesi poveri e il miglioramento della protezione delle foreste”.

Così cambia anche la narrativa che accompagnerà tutta la COP26, al via il 1° novembre prossimo. L’idea, per poter dichiarare missione compiuta alla fine, è di impostare un “percorso di Glasgow”: una roadmap che nel giro di pochi anni porti a casa l’obiettivo reale, quello degli 1,5°C. Per fare ciò, il vertice sul clima dovrà fare centro su un puto molto controverso: ogni quanto aggiornare i contributi nazionali volontari (NDC).

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Il “percorso di Glasgow” ha senso se tra pochi anni i paesi dovranno presentare nuovi target di riduzione delle emissioni, ben più ambiziosi di quelli odierni. Ma la COP26 deve decidere se l’aggiornamento avviene ogni 5 anni oppure ogni 10: solo la prima è in linea con Parigi, mentre la seconda rimanda per l’ennesima volta il grosso degli sforzi al prossimo decennio. Punto così controverso che neppure l’UE è riuscita ancora a trovare un accordo interno tra i Ventisette. E l’ipotesi dei 5 anni non piace a due dei maggiori inquinatori mondiali, Cina e India.

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