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Una nuova oasi di biodiversità in città: il biotopo MUSE

Novità dell’autunno, il biotopo MUSE nel cuore della città di Trento, si fa ambasciatore dell’importanza di conoscere e tutelare gli ambienti umidi di fondovalle. Con al centro un laghetto urbano che custodisce oltre 80 specie vegetali acquatiche e palustri, alcune delle quali molto rare in natura, il nuovo spazio di circa 2.000 metri quadri, realizzato in collaborazione con il Servizio sviluppo sostenibile e aree protette e il Servizio per il sostegno occupazionale e la valorizzazione ambientale della Provincia autonoma di Trento, è un unicum nel panorama museale italiano.

Il nuovo biotopo del MUSE [ Archivio MUSE – Museo delle Scienze]

Circa 2.000 metri quadri, di cui 600 occupati da uno specchio d’acqua (profondo 1,80 m) e altri 200 da zona palustre

È una piccola oasi di biodiversità. Un luogo dove scoprire piante, anfibi e insetti acquatici, passeggiare e rilassarsi, un laboratorio a cielo aperto per lo studio, la conservazione naturalistica e le attività educative legate alla Citizen Science. Già immaginato nel progetto originario dall’architetto Renzo Piano, il biotopo MUSE è stato realizzato sul lato ovest dell’edificio, tra la serra tropicale e via Sanseverino, e presenta le caratteristiche delle aree umide dei fondivalle trentini, con la particolarità di trovarsi in un contesto urbano. Circa 2.000 metri quadri, di cui 600 occupati da uno specchio d’acqua (profondo 1,80 m) e altri 200 da zona palustre. Un prezioso scrigno di biodiversità cittadina, uno spazio naturale “inaspettato” che è già diventato casa di diverse specie animali come libellule, rospi smeraldini e uccelli e dove sono stati piantumati oltre 4.000 esemplari di 80 specie botaniche acquatiche e palustri autoctone, alcune delle quali molto rare o quasi scomparse dalle zone umide del Trentino.  

Il messaggio che il MUSE vuole lanciare è chiaro e in controtendenza: riscoprire e apprezzare la grande ricchezza vegetale e animale che ruota attorno agli ambienti umidi, in passato considerati inutili e spesso bonificati per far spazio a nuovi terreni agricoli.   

Il biotopo urbano, percorso da una passerella, con panchine e zone d’ombra, sarà accessibile tutti i giorni dalle 9 alle 18. Un nuovo spazio a disposizione di cittadini, visitatori e amanti della natura che nei prossimi mesi si animerà con eventi a tema, attività di ricerca e proposte per le scuole con l’obiettivo di coinvolgere e appassionare le giovani generazioni alle questioni ambientali più attuali.  

Il MUSE fin dalla sua idea progettuale si è proposto come spazio aperto alla ricerca e all’innovazione nella comunicazione scientifica. Il tema della conservazione della natura fa parte di questi intendimenti ed è focale nel suo percorso espositivo. L’idea di presentare l’ambiente delle zone umide di fondovalle dal vivo, con un vero e proprio biotopo vivente, è parte di una progettazione iniziale che trova ora una sua piena e competentissima realizzazione. Uno spazio prezioso dove oltre 4.000 esemplari di specie vegetali di questi ambienti particolari e a rischio, un vero e proprio ecosistema, sono raccolti per suscitare l’interesse del pubblico del museo, le scuole, gli appassionati di natura e per condividere una comune consapevolezza sull’importanza della loro conservazione in natura”, afferma il direttore del MUSE Michele Lanzinger 

APPROFONDIMENTO
Un piccolo ecosistema con una raccolta di piante acquatiche e palustri unica in Italia 
Sono più di 4.000 gli esemplari di piante acquatiche e palustri messe a dimora e circa 80 le specie vegetali custodite nel nuovo biotopo, la maggior parte delle quali provenienti dal Vivaio Provinciale di Mattarello, gestito dal Servizio sviluppo sostenibile e aree protette. 
Come spiega Alessandro Cavagna, naturalista del MUSE e curatore del progetto, “l’obiettivo è duplice: ricreare quello che potremmo definire “un micro hotspot di biodiversità” e sensibilizzare il pubblico sugli ecosistemi acquatici e palustri, habitat un tempo diffusi in tutti i fondivalle ed oggi in forte regresso e a rischio di scomparsa. Naturalmente il biotopo va a incrementare la biodiversità nel verde attorno al museo e, al contempo, offre una sede definitiva e adeguata a una parte cospicua del patrimonio di piante acquatiche e palustri tuttora ospitate nel Vivaio Provinciale di Mattarello. Qui, da oltre 20 anni, a partire da esemplari raccolti quasi esclusivamente sul territorio della Provincia di Trento, si coltivano più di 100 specie acquatiche e palustri autoctone da utilizzare negli eventuali progetti di ripristino ambientale”. 
Una collezione preziosa, la più cospicua fra i vivai pubblici, che ha trovato casa al MUSE. Il nuovo biotopo presenta frammenti degli ambienti più tipici delle aree umide di fondovalle: lo specchio d’acqua con le ninfee (lamineto), la vegetazione di sponda (magnocariceto, cladieto), i prati umidi (molinieto, cariceto, alte erbe igrofile) e i boschi ripariali (ontanete).  
Ogni specie presente nel biotopo, spiega Cavagna, ha una storia. L’aglio angoloso (Allium angulosum), l’elleborina palustre (Epipactis palustris) e l’iris siberiana (Limniris sibirica), per esempio, provengono dalle popolazioni dall’ex area umida di Roncafort, una zona di rilevante interesse botanico scoperta nel 1999 dal botanico Filippo Prosser (Fondazione Museo Civico di Rovereto) e distrutta pochi anni dopo a causa dell’allargamento dell’interporto di Trento nord. 

I nuovi abitanti del biotopo 
A livello di fauna, hanno già fatto capolino tra le piante, libellule e altri insetti, rospi smeraldini, anatre, aironi e altri uccelli sia acquatici che terrestri, autonomamente giunti al biotopo alla ricerca di riposo o di piccole prede acquatiche di cui nutrirsi.  
“In Trentino, nei fondivalle, le bonifiche e le conversioni agricole legate alla “fame” di territorio da coltivare hanno cancellato la quasi totalità di stagni, paludi, canneti e boschi ripariali, con pesanti ripercussioni sulle popolazioni di piante acquatiche e palustri di bassa quota, ma non solo. Anche un gran numero di specie animali a esse collegate è andato incontro a un drastico declino conseguente alla perdita di habitat. Con questo progetto abbiamo voluto ricreare un ambiente naturale simile a quello che si sarebbe potuto osservare 150 anni fa, lungo le golene dell’Adige, che scorre qui accanto. Un ambiente accogliente per anfibi, insetti e uccelli”, sottolinea Osvaldo Negra, biologo del MUSE, che ha curato gli aspetti divulgativo-scientifici del progetto. 
Le raccolte d’acqua richiamano immediatamente il pensiero delle zanzare, ma come tranquillizza Negra, a dispetto di quanto si crede, il laghetto, popolato da varie specie di insetti, non è molto attrattivo per le zanzare, che preferiscono raccolte d’acqua di dimensioni più ridotte e prive di predatori. 

Le tappe dei lavori 
Un anno e mezzo di lavori. La “prima pietra” del biotopo è stata posta nell’autunno 2020. Lo scavo e la fase cantieristica di realizzazione delle infrastrutture e l’impermeabilizzazione del bacino (superficie di 600 metri quadrati e profondità massima attorno a 1,80 m) si sono concluse nell’autunno del 2021.  
La messa a dimora delle specie botaniche (circa 80 specie per un totale di oltre 4.000 esemplari) ha occupato gran parte dei mesi invernali 2021-22 e i primi mesi della primavera 2022. La quasi totalità delle piante ha reagito molto bene al trapianto e, a dispetto di fisiologici tempi di radicazione e acclimatazione, già all’inizio dell’estate 2022 la vegetazione appariva rigogliosa. 
Da ultimo, la realizzazione della passerella di visita ha concluso i lavori e permesso l’apertura del biotopo al pubblico a metà giugno. 

Il progetto è stato curato interamente “in casa” dai professionisti del MUSE in collaborazione con il Servizio sviluppo sostenibile e aree protette e il Servizio per il sostegno occupazionale e la valorizzazione ambientale della Provincia autonoma di Trento.

Il biotopo in numeri 
2.000 metri quadrati, di cui 600 occupati dallo specchio d’acqua e 200 dalla zona palustre  
1,80 metri la profondità massima del laghetto 
80 le specie botaniche presenti fra acquatiche e palustri 
Oltre 4.000 piante messe a dimora 
Un anno e mezzo di lavoro, con una quindicina fra persone e ditte coinvolte 
Special Sponsor Ricola e Acque bresciane