Rinnovabili

TU Rinnovabili, nodo agrivoltaico e fotovoltaico a terra per autoconsumo

TU Rinnovabili, nodo agrivoltaico e fotovoltaico a terra per autoconsumo
Tu Rinnovabili. Foto di Samuel Faber da Pixabay

Bene ma non benissimo per il Testo unico delle rinnovabili (TU Rinnovabili), oggetto di audizioni alla Camera, commissioni Ambiente e Attività produttive riunite. Se l’intento è quello di semplificare ancora restano bulloni da stringere, a sentire gli auditi di oggi a Montecitorio. E quando a parlare è il mondo agricolo sullo sfondo si stagliano lo stop al fotovoltaico a terra deciso dal dl Agricoltura e il tema dell’agrivoltaico da meglio definire. Il tutto con il rischio che i Comuni vengano intasati dalle procedure.

“Apprezziamo lo sforzo ma rileviamo delle criticità”, esordisce Roberta Papili, responsabile area Ambiente e agroenergia di Confagricoltura. “Non tutte le disposizioni per noi strategiche sono presenti”, ad esempio il testo all’esame del Parlamento non chiarisce sulle Comunità energetiche rinnovabili, configurazione particolarmente adatta alle realtà rurali.

Rispetto al fotovoltaico in ambito agricolo “lo schema di decreto non va a colmare alcune lacune con riferimento alle diverse superfici che interessano le realtà agricole, come serre e coperture di fabbricati, così come superfici quali terreni agricoli a qualsiasi titolo”, dice Papili. “Per l’agrivoltaico a valle delle limitazioni poste dal dl Agricoltura riteniamo che lo schema di decreto non vada a chiarire il perimetro dell’agrivoltaico, immaginando un’attività libera per la continuità dell’attività agricola e zootecnica e una Procedura abilitativa semplificata (Pas) per altre senza continuità”. Dunque “riteniamo che lo schema dovrebbe andare in primis a inquadrare il tema agrivoltaico per meglio indirizzare nuovi investimenti”.

C’è poi il tema delle coperture dei fabbricati e del fotovoltaico abbinato a sistemi di autoconsumo. Secondo Papili “per un sistema agricolo competitivo è imprescindibile immaginare che le imprese agricole possano dotarsi per il proprio fabbisogno energetico di sistemi di autoproduzione, anche in situazioni di scarsa disponibilità di terreno”. Quindi “per il fotovoltaico a terra riteniamo si possa fare uno sforzo in questa direzione”.

“Condividiamo la posizione di Confagricoltura”, perché “siamo molto interessati a sviluppare investimenti nelle rinnovabili non solo per l’autoproduzione ma anche come integrazione al reddito. Siamo interessati a realizzare questi impianti, naturalmente sempre nel giusto equilibrio e limite salvaguardando l’attività di produzione primaria di beni alimentari”. Ciò detto “apprezziamo l’obiettivo della semplificazione, purtroppo ci aspettavamo uno sforzo maggiore in questa direzione”, dice Marino Berton in rappresentanza della Confederazione italiana agricoltori – CIA. Inoltre “ci sono deroghe difficilissime da attuare, come quelle dell’art. 8 su aree e immobili con un certo tipo di vincolo, nei terreni agricoli abbiamo spesso collegamenti con ambiti vincolati, ma questa deroga per gli uffici tecnici dei comuni non è abbastanza chiara”.

Il rischio è che gli stessi uffici non possano procedere con le autorizzazioni. “Nella pratica quando dobbiamo misurarci con la richiesta di autorizzazioni ci scontriamo con concrete difficoltà”, dice il rappresentante CIA, “vorremo canali più semplificati per l’agrivoltaico con la possibilità di accedere all’edilizia libera. C’è poi il tema “delle autorizzazioni alla realizzazione delle connessioni, possiamo avere l’autorizzazione edilizia per fare gli impianti ma poi diventiamo pazzi per le autorizzazioni alle connessioni. Vorremmo auspicare dei percorsi autorizzativi che semplifichino l’autorizzazione sulla connessione alla rete”, conclude Berton.

I Comuni rappresentano, per parte loro, la giusta quota di preoccupazione. “Se l’obiettivo è migliorare efficienza l’effetto concreto è che rischia di essere l’opposto”, avverte Tommaso Ferrari, assessore alla Transizione energetica del Comune di Verona, in rappresentanza dell’ANCI. “Da una parte l’amministrazione ha bisogno di semplicità e certezza, e con il testo ci pare si aumenti l’incertezza e si aumentino anche le procedure, diventando più incerte rischiano di rallentare transizione energetica in atto con una filiera industriale che rischia rallentamento”.

C’è poi il tema del nuovo sistema informativo che “anche rischia di rallentare i processi: se fosse unico avrebbe l’obiettivo di semplificare ma se si aggiunge a sistemi già in atto nei Comuni si rischia di rallentare processo”, dice il rappresentante ANCI.

Del problema dei conflitti con le amministrazioni locali avverte anche Marco Marchetti, docente di Diritto della Transizione energetica presso l’Università degli studi Roma Tre. “Introdurre la libera iniziativa, senza neanche la necessità di comunicazione, anche per impianti che pur in conformazione agrivoltaica arrivano a 10 MW, significa aprire anche lì un conflitto con i territori, perché i Comuni non saranno in grado di poter vigilare e governare il fenomeno e potremmo arrivare a una saturazione silenziosa dei territori, con impianti non controllati né verificati. Soprattutto perché in regime di attività libera un agrivoltaico si dichiara come tale, ma la valutazione va effettuata nella sostanza del progetto, valutazione che garantisca effettivamente la continuità della produzione agricola”.

Per Marchetti “essendo un impianto da 10 MW importante dal punto di vista delle dimensioni, occupando 13-15 ettari di terreno, credo che questo possa creare un effetto domino sui territori non controllati né governati da comuni, lasciando spazio a problemi di contenzioso”. Cosa fare? “Eliminare il conflitto intervenendo a monte con una serie di dati che vanno indicati sin dalla presentazione al progetto per dare spazio ai Comuni che valutano la possibilità di una coerenza. La potenza come limite non basta e impedisce una valutazione di cumulo, con la possibilità di valutare complessivamente l’impatto sul territorio, in regime attività libera questo non è possibile farlo. Serve un contenuto molto più descrittivo della qualità progettuale a monte per consentire a valle l’eliminazione del conflitto”.

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