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Rinnovabili (e tanto gas) nel patto per la transizione giusta tra Senegal e Ue

Transizione giusta: patto da 2,5 miliardi di euro tra Senegal e paesi donatori
Il presidente del Senegal, Macky Sall. Crediti: IMF via Flickr CC BY-NC-ND 2.0

Gli investimenti nel gas sono il non detto della JETP col Senegal

(Rinnovabili.it) – Due miliardi e mezzo di euro per garantire l’accesso all’energia a tutti e aumentare di 10 punti la quota di rinnovabili nel mix elettrico entro il 2030. A scapito di petrolio e carbone. È il nocciolo del nuovo accordo per la transizione giusta (Just Energy Transition Partnership, JETP) siglato ieri dal Senegal con Unione Europea, Francia, Germania, Canada e Regno Unito.

I finanziamenti – suddivisi tra sovvenzioni, sussidi, prestiti a tasso agevolato e crediti all’esportazione – puntano ad aiutare il paese africano a impostare il suo sviluppo economico ed energetico abbandonando progressivamente le fonti fossili più inquinanti e puntando sulle rinnovabili. È lo stesso modello già usato con Indonesia, Vietnam e Sudafrica a partire dal 2021. Ma è la prima volta che una JETP viene siglata con un paese che non ha una forte dipendenza dal carbone.

Il mix energetico del Senegal, infatti, è occupato al 12% dal carbone, al 53% dal petrolio e al 35% dalle rinnovabili. Le fonti pulite, però, sono al 99% costituite da bioenergia, principalmente tramite l’uso di residui agricoli.

L’accordo per la transizione giusta del Senegal

Cosa prevede nel dettaglio la JETP con il Senegal? I paesi più ricchi sborseranno 2,55 mld euro nei prossimi 3-5 anni ed entro 12 mesi presenteranno un piano di investimenti in linea con le ambizioni di una transizione giusta. Si tratta di fondi nuovi e aggiuntivi rispetto alle risorse già mobilitate o promesse. Il denaro permetterà al Senegal di aumentare la capacità installata di rinnovabili al 40% del mix elettrico entro il 2030.

In più, Dakar si impegna a pubblicare entro la Cop28 di dicembre un piano di lungo termine per lo sviluppo del paese che assicuri un basso livello di emissioni. Il piano dovrà poi essere finalizzato entro il 2024. Entro il 2025, alla Cop30, il Senegal si impegna infine a formalizzare questi impegni traducendoli in NDC – i contributi nazionali volontari – da presentare alla Convenzione quadro dell’Onu sul cambiamento climatico (Unfccc).

Si scrive JETP, si legge gas

La parola “gas” compare una sola volta e sembra collaterale al patto per la transizione giusta. In realtà, questa fonte fossile giocherà probabilmente un ruolo importante e il suo sviluppo futuro è uno dei motivi dell’interesse europeo e non solo per il paese africano.

Il testo del JETP riconosce che “nell’ambito della sua strategia, il Senegal intende utilizzare le sue risorse di gas naturale come energia di transizione nella prospettiva di uno sviluppo socioeconomico a basse emissioni di carbonio e resistente ai cambiamenti climatici, che porti a una significativa riduzione delle emissioni … attraverso una graduale eliminazione degli oli combustibili pesanti”.

Non è un caso. Nel 2023, infatti, Dakar esporterà il primo carico di Gnl dal bacino offshore di Greater Tortue Ahmeyim. Contiene 566 miliardi di metri cubi di gas da estrarre per almeno 30 anni in condominio con la Mauritania. È solo uno dei progetti con cui il presidente Macky Sall aspira a traghettare il Senegal ai livelli di Nigeria e Algeria, i maggiori produttori di fossili del continente. Per farlo, ha bisogno di investimenti e buone prospettive di export. Ecco che l’interesse europeo e quello di Sall convergono. E il JETP diventa una cornice “sostenibile” in cui incastonare lo sviluppo dell’industria del gas nel paese, a cui contribuiranno fondi europei ed occidentali.

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