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Transizione energetica, col barile a 100$ rischiamo un boom di stranded assets

prezzi del gas
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500 mld di stranded assets possono incagliare la transizione energetica

(Rinnovabili.it) – I prezzi del petrolio tornati sui 90 dollari al barile sono una tentazione per gli investitori. E una minaccia per la traiettoria dell’azione climatica globale impostata dal Patto di Glasgow. Il rischio è di sprecare 500 miliardi di dollari in stranded assets e rallentare la transizione energetica. Cioè in progetti che diventano non convenienti nel momento in cui iniziano a produrre, anche se in questo momento possono sembrare lucrativi. L’allarme arriva da Carbon Tracker nel rapporto appena pubblicato “Managing Peak Oil”.

Il rimbalzo dei prezzi del petrolio e del gas che vediamo in questi mesi è solo un miraggio, avverte il think tank. Basare gli investimenti su prezzi attorno ai 100 $/barile, livelli che potremmo toccare a fine 2022, si rivelerà presto un calcolo errato. Il punto chiave è inserire nell’equazione il picco del petrolio, che arriverà comunque entro il 2040 viste le politiche di conversione alla mobilità elettrica e quelle di riduzione delle emissioni a livello globale.

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Se si ignora questo punto, si investiranno fiumi di denaro che potrebbero supportare la transizione energetica in progetti che, nel momento in cui inizieranno a produrre, potrebbero già aver perso tutta la convenienza a causa della flessione della domanda globale di petrolio. Per Carbon Tracker, sono le premesse di uno “scenario da incubo”.

“Le compagnie possono vedere i prezzi alti come un’enorme insegna al neon che indica l’investimento in grande offerta”, spiega Axel Dalman, primo autore del rapporto. “Tuttavia, questo potrebbe diventare uno scenario da incubo se vanno avanti con progetti che iniziano a produrre il petrolio nel momento in cui la domanda inizia a diminuire. Gli azionisti potrebbero affrontare livelli catastrofici di perdita di valore quando i prezzi scenderanno”.

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Quali sono gli investimenti considerati più a rischio? Per il rapporto si tratta di progetti con un prezzo di breakeven superiore ai 50 dollari al barile e destinati ad avviare la produzione non prima della fine di questo decennio.

“Sappiamo che la domanda si indebolirà con l’accelerazione della risposta politica alla crisi climatica e della diffusione delle nuove tecnologie”, puntualizza Mike Coffin, coautore del rapporto. “Per gestire efficacemente questa transizione, le aziende devono resistere alla tentazione di investire pesantemente sui segnali di prezzo a breve termine”.

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