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La transizione energetica farà bene a PIL e disoccupazione, dicono le banche centrali

Il Network for Greening the Financial System, Gruppo ombrello che riunisce 91 banche centrali, prevede benefici all’economia e al mercato del lavoro ma solo con una transizione veloce e ordinata

Transizione energetica: fa bene all’economia solo se è rapida e coordinata
Foto di wal_172619 da Pixabay

L’analisi di scenario sulla transizione energetica del NGFS

(Rinnovabili.it) – La transizione energetica fa rima con sviluppo economico, ma solo se è molto rapida. Il passaggio a un’economia low-carbon, se veloce ma senza troppi scossoni, porterà nel 2050 a un aumento del PIL globale e a tassi di disoccupazione più bassi. Lo sostiene un rapporto del Network for Greening the Financial System (NGFS), un gruppo ombrello che riunisce 91 banche centrali.

Un’analisi di scenario che considera anche il costo di una transizione energetica zoppicante o fallimentare. Con tutte le conseguenze in termini di riscaldamento globale e impatto dei cambiamenti climatici previste dall’IPCC. “Se la transizione fallisce, l’analisi degli scenari NGFS suggerisce che fino al 13% del PIL globale sarebbe a rischio entro la fine del secolo, anche prima di tenere conto delle potenziali conseguenze di eventi meteorologici gravi”, si legge nel rapporto.

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Tra le variabili considerate spiccano l’ambizione delle politiche climatiche, ma anche la qualità della reazione politica alla crisi climatica (rapida, lenta, e se coordinata globalmente o meno), il livello di penetrazione e di impiego di tecnologie per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica (CCS), il ritmo di trasformazione delle tecnologie e il grado di divergenza delle politiche climatiche tra le diverse regioni del globo.

L’unica combinazione che porta dei benefici economici, come detto, è quella di una transizione energetica rapida e ordinata. Ma c’è un’altra tessera importante da aggiungere a questo puzzle: per raggiungere davvero la neutralità di carbonio entro il 2050 (l’orizzonte dello scenario migliore), gli autori ritengono che sarà necessario un prezzo del carbonio globale di circa 160 dollari per t di CO2.

Questa misura, oppure “un “prezzo ombra” equivalente”, dovrebbe essere introdotto “entro la fine del decennio”. Questo avrà dei contraccolpi negativi, perché “farà aumentare l’inflazione e aumenterà anche la disoccupazione in alcuni paesi con industrie ad alta intensità energetica”.

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