Secondo la società di consulenza Rystad, le previsioni dell’IEA sono troppo ottimiste. Non possiamo dire subito addio ai finanziamenti alle fossili, perché ci serviranno ancora centinaia di nuovi pozzi anche in uno scenario di calo corposo della domanda globale
Uno scenario di transizione energetica che fissa a 36 mln di bpd la quota al 2050
(Rinnovabili.it) – L’IEA si sbaglia, non è possibile dire subito stop alle fossili. Anche in uno scenario in cui il picco del petrolio è davvero vicino e la domanda globale cala progressivamente, saranno necessari centinaia di nuovi siti estrattivi e migliaia di pozzi. Lo sostengono gli analisti di Rystad in un dossier pubblicato il 28 maggio. La società di consulenza prevede una traiettoria per la transizione energetica molto diversa da quella delineata solo pochi giorni prima dall’Agenzia internazionale per l’energia.
In un report da molti definito storico, l’agenzia guidata da Fatih Birol aveva tracciato la rotta per raggiungere la neutralità di carbonio entro il 2050, con scenari compatibili con l’accordo di Parigi sul clima. Uno dei dati che hanno fatto più scalpore di quel lavoro è che, per la prima volta, l’Agenzia ha rotto gli indugi e ha messo nero su bianco che serve uno stop immediato agli investimenti nelle fossili. Un cambiamento davvero radicale, quindi, inserito peraltro in uno scenario non privo di zone opache. Una su tutte: gli strumenti individuati dall’Iea per arrivare a emissioni nette zero entro metà secolo sono in buona parte delle tecnologie oggi ancora in fase sperimentale.
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Per l’Iea, la domanda di petrolio deve scendere a 24 milioni di barili al giorno entro il 2050, una flessione di circa il 75%. Per Rystad invece il calo deve essere meno corposo: 36 milioni di barili al giorno come soglia. La differenza nella stima, spiegano, deriva da un approccio più cauto dell’Iea all’impatto che potranno avere i biofuel e soprattutto i cambiamenti comportamentali dei cittadini.
Ma perché, allora, servono nuovi pozzi? “Dato che la produzione dei pozzi petroliferi diminuisce in media di oltre il 20% all’anno, l’industria petrolifera internazionale dovrà ancora perforare migliaia di nuovi pozzi nei giacimenti esistenti, nonché sviluppare circa 900 nuovi giacimenti con risorse collettive di circa 150 miliardi di barili di petrolio”, argomenta la società di consulenza con sede a Oslo. Impegni che, ad ogni modo, necessitano di investimenti contenuti dal momento che si tratterebbe soprattutto di estensioni o tie-back.
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