Secondo Wood Mackenzie, fino a metà secolo vedremo una perdita netta del PIL globale legata alla transizione energetica. La più colpita la Cina, seguita da Stati Uniti, Europa e India. I primi segnali dell’inversione di rotta attesa per il post 2050 li vedremo già nel 2035
I benefici della transizione energetica valgono l’1,6% del PIL, ma i costi il 3,6%
(Rinnovabili.it) – Tutt’altro che indolore per l’economia, almeno nella prima fase. Sgrassata della retorica troppo entusiasta, la transizione energetica che accompagnerà le nostre vite ha un conto da presentare. Un conto che vale 2 punti percentuali di PIL in meno da qui al 2050. Dopo il giro di boa di metà secolo, però, l’investimento inizia a pagare e i vantaggi diventano tangibili.
Lo prevede il rapporto “No Pain, No Gain: The economic consequences of accelerating the energy transition” della consultancy Wood Mackenzie. Limitare il riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi stabiliti dall’accordo di Parigi e ribaditi con più forza dal patto di Glasgow ha dei vantaggi immediati. Per il rapporto, a obiettivo raggiunto entro il 2050, il PIL globale potrebbe beneficiarne crescendo dell’1,6%. Ma i costi delle misure per contenere il cambiamento climatico in questa prima fase costeranno di più: tagliano almeno il 3,6% del PIL, calcolano gli analisti di Wood Mackenzie.
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Per vedere un’inversione di tendenza, però, non dovremo aspettare fino al 2050. Già tra 13 anni si dovrebbero scorgere i primi segnali positivi della transizione energetica. “Man mano che le nuove tecnologie di transizione – veicoli elettrici, batterie su scala industriale, idrogeno e cattura e stoccaggio del carbonio – scendono di prezzo nel tempo, si arriverà a un punto in cui gli investimenti a bassa emissione di carbonio saranno più competitivi delle alternative ad alta emissione di carbonio”, spiega il rapporto. “Pensiamo che il punto di svolta sarà intorno al 2035, dopo il quale la crescita globale del PIL supererà il nostro scenario di base, il che significa che la produzione economica persa potrebbe essere recuperata entro la fine del secolo”.
Non per tutti. O meglio, il processo avrà vincitori e seconde file. La Cina risentirà di una batosta economica che vale circa il 27% del totale globale, stimato dalla consultancy in 75.000 miliardi di dollari di flessione del PIL globale entro il 2050. Più contenuti i tonfi per gli Stati Uniti, che vedranno un calo pari a circa il 12% del totale, dell’Europa che sperimenterà una riduzione pari all’11% della perdita complessiva, e dell’India che coprirà circa il 7% della riduzione del PIL mondiale prevista.
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