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Il piano di Biden da 3.500 mld per la transizione ecologica sarà dimezzato

Il presidente americano rischia di arrivare alla COP26 senza aver fatto i compiti a casa. Il suo piano non piace ai centristi del partito democratico, che non cedono di un millimetro sulle fossili

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Foto di sergei akulich da Pixabay

Il provvedimento è l’architrave della transizione ecologica degli Stati Uniti

(Rinnovabili.it) – È sotto attacco da ogni parte il piano di Biden da 3.500 miliardi di dollari che contiene le misure-chiave su energia e clima per impostare la transizione ecologica degli Stati Uniti. I problemi non arrivano dai Repubblicani ma sono all’interno dello stesso partito Democratico: sia l’ala radicale che quella più centrista minacciano di far mancare i voti. Così, il compromesso che sta prendendo forma ridimensiona moltissimo l’ambizione iniziale.

Le dimensioni, innanzitutto. Dai 3.500 miliardi di partenza, a forza di sforbiciare, il piano di Biden dovrebbe ridursi a 2.000 mld, forse anche meno. L’operazione di potatura non è stata fatta di fino e così spariranno interi programmi, soprattutto nei capitoli sulle politiche sociali ma anche in quelli legati alla transizione ecologica.

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La nuova versione in scala ridotta dovrebbe comunque contenere misure per energia e clima per circa 500 miliardi, secondo quanto annunciato da Biden ieri. Ma le trattative vanno avanti ed è l’ala centrista del partito a puntare i piedi. Nel mirino finisce il Clean Energy Plan, il pacchetto di misure da 150 miliardi per decarbonizzare l’economia americana e arrivare all’80% di energia pulita già entro il 2030.

La versione iniziale prevedeva un sistema di bonus-malus. Le utility potevano accedere ai fondi federali a patto che aumentino del 4% anno su anno la loro quota di energia pulita fornita ai consumatori. Per le utility ritardatarie ci sarebbe invece una penale da pagare. Una proposta che fa sanguinare le orecchie al capofila degli oppositori di centro, Joe Manchin, grande propugnatore di un approccio “fuel neutral” alla transizione ecologica. Secondo il senatore del West Virginia, uno Stato fortemente legato al carbone, non bisogna fare delle politiche che favoriscano direttamente le rinnovabili a scapito delle fossili.

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Così il presidente Biden si sta concentrando su un piano b, 500 miliardi alle utility tra credito fiscale, prestiti e bandi. Tra i criteri per accedere al taglio delle tasse resterebbe l’aver raggiunto gli obiettivi di riduzione delle emissioni. Fuori dal piano finale dovrebbe restare anche la carbon tax per le fossili (sempre per il veto di Manchin), mentre sembra che possa passare la misura che introduce una tassa sulle emissioni di metano.

I negoziati dovrebbero arrivare al dunque entro il fine settimana. Anche perché Biden ha fretta: rischia di arrivare alla COP26 di Glasgow, al via il 1° novembre, senza alcun provvedimento sul clima in cassaforte. Difficile rivendicare la leadership globale sul clima se non si son fatti i compiti a casa. (lm)