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La transizione dalle fossili non è vincolante per noi: l’Arabia Saudita fa carta straccia della COP28

Secondo Riad, il testo dell’articolo 28 della Global Stocktake non impegna i paesi a lavorare su tutti gli obiettivi elencati, dove figurano tra gli altri la transizione dalle fossili, triplicare le rinnovabili al 2030 e raddoppiare l’efficienza energetica. Sarebbe un elenco da cui scegliere “à la carte”

Uscita dalle fossili: cosa ha deciso la COP28 di Dubai?
Foto di Zbynek Burival su Unsplash

L’intervento del ministro saudita dell’Energia, Abdulaziz bin Salman

(Rinnovabili.it) – La “transizione dalle fossili” decisa alla COP28 di Dubai poche settimane fa? Non è vincolante, è solo un’opzione tra le tante. Tra cui i paesi possono scegliere liberamente. Senza essere tenuti a fare un solo passo concreto per abbandonare o almeno diminuire la produzione e la domanda di carbone, petrolio e gas.

È l’interpretazione molto sui generis del Patto di Dubai che ha dato di recente il ministro dell’Energia dell’Arabia Saudita, Abdulaziz bin Salman. Interpretazione che il ministro di uno dei maggiori produttori mondiali di petrolio, nonché uno dei paesi che più si oppongono a ridurre o eliminare le fossili durante le conferenze sul clima, giustifica appigliandosi a pochi termini presenti nel testo della Global Stocktake (GST). E “dimenticandone” altri.

La transizione dalle fossili? Non è vincolante

Secondo bin Salman, l’Arabia Saudita – così come tutti gli altri paesi – non sarebbero tenuti a impostare una vera transizione dalle fossili. Perché il testo della GST specifica, all’inizio dell’articolo 28 in cui è citato l’elemento chiave di tutta la COP28, che le azioni elencate sono da raggiungere “in un modo determinato dalle nazioni”, cioè con margini di manovra lasciati ai paesi su come modularle. E aggiunge che i paesi devono “contribuire” a uno “sforzo globale” “tenendo conto dell’Accordo di Parigi e delle diverse circostanze nazionali”. Due elementi che, secondo il ministro, significano solo una cosa: l’articolo 28 è un elenco di opzioni possibili, non una lista di obiettivi tutti di natura vincolante.

In altri termini, Bin Salman rivendica la possibilità di scegliere solo una o più delle azioni elencate. Tra le quali figura l’obiettivo di triplicare la capacità rinnovabile mondiale entro il 2030, raddoppiare l’efficienza energetica, ridurre l’uso di impianti a carbone senza abbattimento delle emissioni, o accelerare la diffusione di tecnologie low-carbon tra cui il nucleare e le tecnologie per la rimozione del carbonio come CCS e DAC

Il quadro presentato dal ministro, però, contrasta con il linguaggio usato nell’articolo. Soprattutto il passaggio in cui si “richiede” (calls on) ai paesi di impegnarsi nelle azioni elencate. Nel gergo della diplomazia climatica, questo verbo indica un impegno vincolante. Manca, tuttavia, un chiaro ed esplicito riferimento nel testo al fatto che i paesi si debbano impegnare in tutte le azioni elencate. Ed è proprio su questa minima ambiguità che intende giocare l’Arabia Saudita.

Bin Salman va anche oltre, sottolineando che parlare di transizione dalle fossili non significa in alcun modo andare verso il phase out. “Avremmo potuto usare la stessa parola in modo intercambiabile, ma qui c’è una differenza: ci sono persone che stanno effettuando la transizione perché vogliono cambiare il loro mix energetico come noi e ci sono quelli che credono che dovrebbero abbandonare la transizione perché non lo fanno vogliono usare combustibili fossili”, ha detto il ministro durante una conferenza, riporta Climate Home.