Il racconto dell'ambiente urbano. Cresce la domanda di trasporto pubblico nei comuni capoluogo insieme con le criticità locali, le grandi città sono distanti da una gestione in linea con i target dell'Ue sulla raccolta differenziata, e soprattutto al Nord c'è una grave situazione dell'inquinamento dell'aria
di Tommaso Tetro
(Rinnovabili.it) – Crescita della domanda di trasporto pubblico nei comuni capoluogo insieme con le criticità locali, grandi città lontane dai target Ue sulla raccolta differenziata dei rifiuti, e la grave situazione dell’inquinamento dell’aria. Su questi tre elementi si concentra il quadro delineato dal rapporto Istat dedicato all’ambiente urbano.
“Tornano a crescere nei comuni capoluogo domanda e offerta di trasporto pubblico locale – riferisce l’Istat al 2019 – con più 3,2% e più 1,7% sul 2018, ma restano forti squilibri territoriali. Il 34,8% degli autobus ha più di 10 anni”. Per i trasporti pubblici locali, due sono le criticità: carenza di infrastrutture per il trasporto rapido di massa e l’obsolescenza del parco circolante. Nonostante i progressi degli ultimi anni, la rete su ferro è ancora poco sviluppata: il filobus viaggia in 13 comuni su 268,5 km di linee, il tram in 11 città su 369,2 km, la metropolitana in sette città su 191,2 km. Soltanto Milano e Torino hanno reti tranviarie molto estese in rapporto all’area urbanizzata: 122 e 65 km per 100 kmq, contro i 16 in media delle altre città. Tra i capoluoghi metropolitani, le densità di rete più elevate sono a Milano e Napoli per la metropolitana (49 e 18 km per 100 km2), a Cagliari e Bologna per il filobus (74 e 57 km per 100 km2).
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Inoltre “il rinnovamento del parco circolante” di autobus è “un altro fattore cruciale per la sostenibilità del Tpl e la qualità del servizio”; soltanto il 32% degli autobus in servizio è Euro 6 mentre il 34,8% è in classe Euro 4 o inferiore. I bus a basse emissioni (ibridi e bi-fuel, e non tutti Euro 6) sono il 28,1% del totale; tra questi prevale il gas. La domanda di trasporto pubblico è in aumento, ma la crescita si concentra nelle città del Nord, mentre in quelle del Centro resta stabile e in quelle del Mezzogiorno si registra un calo. Le differenze territoriali sono abbastanza marcate: 263 passeggeri per abitante nel Nord, 220 nel Centro e appena 60 nel Mezzogiorno, a fronte di una media italiana di 192.
Nella gestione del ciclo dei rifiuti nessun capoluogo metropolitano raggiunge il target del 65% di raccolta differenziata previsto dall’Europa. Nel 2019, i comuni capoluogo hanno prodotto 10 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, circa un terzo del totale dell’Italia, pari a 30,1 milioni di tonnellate. La quantità di rifiuti prodotti è di 559,8 kg per abitante. Il valore più alto riguarda le città del Centro (610,9 kg per abitante, contro 549,3 del Nord e 526,4 del Mezzogiorno). Nel 2019, i capoluoghi si attestano su una quota media del 52% di raccolta differenziata, nettamente inferiore alla media Italia del 61,3%. Il dato dei capoluoghi rappresenta anche il divario tra aree geografiche: 61,7 al Nord, 51,7 al Centro e 37,3 nel Mezzogiorno. Tra le città metropolitane, la più vicina al target Ue del 65% è Cagliari con il 64,3%, ma anche Venezia e Milano che superano il 60%. Ma c’è spazio anche per la tariffa puntuale: “Meno di un terzo dei capoluoghi con servizio idoneo alla tariffa puntuale l’ha applicata, nessuno tra quelli metropolitani”.
Le polveri sottili e l’inquinamento dell’aria. Anche se negli ultimi anni sembra ci sia un trend di miglioramento, la situazione resta preoccupante, soprattutto al Nord. “Il materiale particolato (Pm 2,5 e Pm 10), il biossido di azoto e l’ozono troposferico – viene rilevato – sono gli inquinanti per cui è maggiormente riconosciuto un legame tra esposizione ed effetti sulla salute a breve e a lungo termine. L’Oms ritiene che il PM2,5 sia l’inquinante atmosferico più nocivo per la salute. Le concentrazioni in atmosfera di quest’ultimo riflettono, almeno in parte, livelli e variabilità temporale delle concentrazioni degli altri inquinanti. In Italia, dal 2010 si riscontra il superamento del valore di riferimento dell’Oms per il Pm 2,5 (10 microgrammi/metro cubo) in oltre l’80% delle rilevazioni effettuate su tutto il territorio”.
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C’è “una leggera tendenza al miglioramento negli ultimi 10 anni: dal 92,9% del 2010 all’81,9% del 2019. L’indicatore raggiunge le percentuali più alte al Nord, soprattutto nel bacino padano, con una media che va dal 97,5% del 2010 al 91,2% del 2019. Al Centro il miglioramento è più consistente, dal 92,2% del 2010 al 74,4% del 2019, mentre nel Mezzogiorno è più attenuato anche se in lento miglioramento, dall’84,6% del 2010 al 73,4% del 2019”. Sui 90 capoluoghi che nel 2019 hanno monitorato il PM2,5, per l’85,6% dei comuni capoluogo è stato superato il valore di riferimento dell’Oms, con significative differenze territoriali: 97,8% al Nord, 88,9% al Centro e 63% nel Mezzogiorno. Mentre le grandi città, i 14 capoluoghi metropoli, le differenze territoriali si annullano: sono tutte accomunate da “livelli di inquinamento dannosi per la salute della popolazione”.