La crisi climatica facilita l’accesso alle risorse del sottosuolo nell’isola grazie allo scioglimento dei ghiacci. Ma il nuovo governo decide che l’impatto ambientale del sito sarebbe troppo alto. Una legge mette anche limiti all’uranio e bandisce l’estrazione di torio, entrambi minerali radioattivi
Il sito di Kvanefjeld è il più grande deposito al mondo di terre rare
(Rinnovabili.it) – La miniera di Kvanefjeld chiude i battenti. Il parlamento della Groenlandia ha approvato una legge che blocca ogni nuovo sviluppo del sito, come aveva promesso in campagna elettorale il partito Inuit Ataqatigiit, oggi al governo. L’isola che fa parte della Danimarca ma ha piena sovranità su alcuni temi (come la gestione delle risorse del sottosuolo) ha scelto di non toccare le ingenti quantità di terre rare e uranio del sito minerario.
Kvanefjeld è il sesto giacimento di uranio al mondo, ma è anche il sito più ricco di terre rare di tutto il globo. Terre rare, in particolare neodimio, che sono fondamentali per la transizione energetica globale e trovano impiego, tra l’altro, nelle tecnologie digitali, nelle auto elettriche e nelle turbine eoliche. L’isola è anche ricca di petrolio, piombo, oro e zinco.
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La legge groenlandese non è una moratoria ma ci si avvicina abbastanza. Prevede che non sia possibile sfruttare giacimenti con una densità di uranio maggiore di 100 parti per milione, una soglia bassissima che taglia fuori praticamente tutti i giacimenti. C’è invece il bando totale per lo sfruttamento di altri minerali radioattivi, come il torio.
Accedere alle risorse di Kvanefjeld – sito posseduto da una società cinese – avrebbe dato alla Groenlandia abbastanza risorse economiche per staccarsi del tutto dalla Danimarca e diventare indipendente. Tanto più che proprio il cambiamento climatico sta rendendo più semplice ed economico sfruttare i giacimenti minerari dell’isola, complice il ritiro dei ghiacci. Avrebbero rimpiazzato i trasferimenti di fondi che ogni anno arrivano da Copenhagen: circa 500 milioni di euro per meno di 60mila abitanti, più o meno come Matera o Savona.
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L’esecutivo invece ha deciso di prendere molto sul serio la crisi climatica e ha già adottato un bando totale di nuove esplorazioni ed estrazioni di combustibili fossili. Secondo le stime dello US Geological Survey, la Groenlandia potrebbe contare almeno su 17,5 miliardi di barili di petrolio e 148 trilioni di piedi cubi di gas naturale. Pochi giorni fa, alla COP26 di Glasgow, la Groenlandia è anche entrata nella Beyond Oil and Gas Alliance, iniziativa per bloccare la nuova produzione di fossili a cui anche l’Italia ha aderito (ma solo come osservatore). (lm)