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La Groenlandia mette le terre rare nell’urna

Terre rare: Groenlandia al voto per decidere se sfruttare il maxi giacimento
Foto di Bernd Hildebrandt da Pixabay

Il maxi giacimento di terre rare di Kvanefjeld scalda le elezioni

(Rinnovabili.it) – Trump aveva proposto (davvero) di comprarla. Ma la Groenlandia, isola a sovranità danese con brama di diventare indipendente, non diventerà la 51° stelletta sulla bandiera americana. La premier Mette Frederiksen aveva bollato l’uscita come “assurda” mentre il portavoce del suo partito si era dimenticato ogni nozione di bon ton istituzionale dicendo che quella era “la prova finale che è impazzito”. In realtà The Donald puntava alle risorse minerarie dell’isola. Petrolio, piombo, oro, zinco, uranio, ma soprattutto terre rare. Sempre più accessibili grazie al disgelo causato dal cambiamento climatico.

Quelle stesse terre rare sono tornate al centro dell’attenzione. Il 6 aprile si terranno le elezioni generali per rinnovare i 31 rappresentanti del parlamento. (La Groenlandia ha ampia autonomia nella cornice della  monarchia costituzionale danese). A seconda del vincitore alle urne, potrebbe iniziare o essere bloccato sul nascere lo sfruttamento dei depositi dell’isola. Un affare enorme: secondo lo US Geological Survey, sotto i ghiacci della Groenlandia si trova il più grande giacimento di terre rare del mondo.

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Le terre rare sono elementi fondamentali per gran parte della nostra tecnologia e hanno un ruolo cruciale nei settori chiave della transizione energetica. Dai cellulari ai satelliti, fino alla missilistica, hanno centinaia di applicazioni. Ma sono necessarie anche per le auto elettriche, turbine eoliche e per i pannelli solari, ad esempio. Contrariamente a quello che il nome fa pensare, non sono affatto rare. Il procedimento di estrazione però è lungo e laborioso, perché le terre rare sono di solito disperse in basse concentrazioni su aree vaste.

E mettere le mani su un nuovo giacimento, specie se così importante come quello della Groenlandia, fa gola a molti. Un tema sensibilissimo anche in chiave geopolitica, visto che chi si aggiudica una solida supply chain parte avvantaggiato nel campo dell’innovazione e può chiudere i rubinetti ai rivali. Al momento la maggior parte delle riserve conosciute sono cinesi. E l’uscita di Trump inizia a diventare meno folle.

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La contesa ruota attorno al sito minerario di Kvanefjeld. Il governo uscente aveva iniziato l’iter per assegnare le licenze di sfruttamento. Processo che si è arenato tra le proteste della popolazione locale e l’uscita dalla coalizione di governo di alcuni partiti. Il ministro in carica per le Risorse Minerarie Vittus Qujaukitsoq ha avvertito che se la Groenlandia tornasse sui propri passi ora, potrebbe spaventare gli investitori minerari.

Ma i sondaggi danno per vincente il partito Inuit Ataqatigiit. Che si oppone al progetto di estrazione di terre rare a Kvanefjeld perché il sito contiene anche materiali radioattivi: è il sesto più grande giacimento di uranio al mondo.

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