La tassa sugli extraprofitti si applicherebbe a oltre 200 grandi compagnie in diversi settori
Tassare i profitti eccessivi delle grandi aziende deve diventare una misura strutturale. È una soluzione da cui l’Europa ricaverebbe ogni anno oltre 100 miliardi di dollari, più di metà del bilancio UE. Risorse che potrebbero essere destinate alla transizione ecologica e alla digitalizzazione, aiutando il continente a ridurre le diseguaglianze sociali. Per ottenere questo flusso aggiuntivo basta applicare una definizione di tassa sugli extraprofitti più restrittiva di quella usata durante la fase più acuta della crisi energetica.
Lo suggerisce uno studio commissionato dal gruppo Left del Parlamento europeo e realizzato insieme a Tax Justice Network. Grazie a “un’imposta generale e permanente mirata ai persistenti profitti eccessivi” l’Europa potrebbe “affrontare la crisi di disuguaglianza e democrazia causata dalle grandi aziende che sono diventate troppo grandi per essere regolamentate e controllate democraticamente”, sostiene il rapporto. Come?
Immaginare una tassa sugli extraprofitti permanente
La proposta del gruppo Left non è la prima, negli ultimi anni, a ipotizzare una tassa sugli extraprofitti permanente. Ma è quella che usa la definizione più restrittiva, evita alcuni problemi (ad esempio, colpire anche i piccoli e medi attori delle rinnovabili) e si sgancia dal solo orizzonte energetico.
La base di partenza è la definizione di profitto eccessivo fornita dall’OCSE, cioè un rapporto superiore al 10% tra utile ante imposte e ricavi netti, se la soglia è stata superata nei due anni precedenti o in almeno due dei quattro anni precedenti (e la media dell’intero periodo supera il 10%).
Per il rapporto, oltre alle grandi compagnie energetiche, andrebbe applicata anche a istituzioni finanziarie, compagnie farmaceutiche e tecnologiche, aziende nel settore delle telecomunicazioni e dei trasporti, i grandi marchi di beni di consumo (come Coca Cola, McDonalds, Nike, L’Oreal, PhilipMorris), e altre grandi compagnie in settori diversi (come, ad esempio, Lockheed Martin, Accenture, ABB, Schneider Electric).
Gli autori individuano 209 di queste aziende e calcolano che nel 2022 abbiano realizzato profitti eccessivi per 2.000 miliardi di euro a livello globale, di cui 310 mld in UE. A questo gruzzolo, lo studio ipotizza di applicare una tassazione progressiva dal 20 al 40%. Ricavando così 107 mld euro ogni anno.
Con una tassa sugli extraprofitti calibrata in questo modo “le 25 maggiori compagnie petrolifere pagherebbero circa 25 miliardi di euro ogni anno, Microsoft pagherebbe 4 miliardi di euro e LVMH e Philip Morris pagherebbero ciascuna fino a 1 miliardo di euro”, scrivono gli autori. “Questo denaro potrebbe essere utilizzato per stimolare gli investimenti pubblici, combattere le disuguaglianze e finanziare la transizione verso un’economia digitale e verde”.