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Italia, Francia e Slovacchia vogliono riscrivere la tassa CO2 alla frontiera

Roma, Parigi e Bratislava chiedono meno oneri amministrativi e più tutele per la competitività dell'industria UE

Regolamento CBAM: UE, pronte esenzioni per 80% aziende
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Più semplificazione della burocrazia, anche rispetto alle sforbiciate previste con il pacchetto Omnibus presentato il 26 febbraio scorso. Più tutele per settori e prodotti che non sono direttamente inclusi nel Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) europeo, ma che potrebbero risentire – negativamente – delle nuove regole in vigore dal 2026. Ok al conteggio delle emissioni indirette, ma solo se non compromettono la competitività dei settori industriali. Sono i punti principali della proposta di revisione della tassa CO2 alla frontiera presentata da Italia, Francia e Slovacchia.

Tassa CO2 alla frontiera: cos’è e perché vengono chieste modifiche

Il Meccanismo di Adeguamento del Carbonio alle Frontiere (CBAM) è una delle iniziative chiave del Green Deal europeo. L’idea di fondo è questa: chi importa determinate merci dall’estero, dove sono state prodotte con standard ambientali meno stringenti di quelli europei, deve pagare un sovrapprezzo in dogana.

L’obiettivo del CBAM è tutelare alcuni settori industriali europei dalla concorrenza dei competitor che producono a minor costo grazie a normative ambientali più lasche.

Tuttavia, pochi mesi dopo l’inizio della fase transitoria e in vista della piena operatività prevista per il 2026, sono molti i paesi UE che sottolineano criticità nel meccanismo. Una prima ondata di cambiamenti sono stati annunciati dalla stessa Commissione UE a febbraio, nel contesto del pacchetto Omnibus. Italia, Francia e Slovacchia ne chiedono altri.

Come deve cambiare il CBAM?

Secondo un documento presentato dai 3 paesi al Consiglio Ambiente del 27 marzo, il CBAM, nella sua configurazione attuale, presenta alcuni rischi che potrebbero compromettere la competitività delle industrie europee. Vediamo le principali problematiche segnalate.

Eccessivi oneri amministrativi. Il sistema attuale comporta costi e complessità gestionale significativi per le aziende europee. Una semplificazione del quadro regolatorio, basata su valori predefiniti di emissione per i settori a monte e a valle, potrebbe ridurre gli oneri senza compromettere l’integrità ambientale. Inoltre, si propone un’esenzione per i piccoli importatori.

Rischio di carbon leakage nei settori a valle. Oggi, il CBAM si applica a 6 settori pilota e a circa 20 prodotti correlati. Tuttavia, altri settori e prodotti sul versante downstream potrebbero essere vulnerabili alla concorrenza di paesi con normative meno stringenti. La proposta suggerisce un’estensione della regolamentazione a tali settori entro la fine del periodo transitorio.

Impatto sulle esportazioni europee. Il CBAM non prevede misure di compensazione per i prodotti esportati dall’UE, esponendo le industrie europee a svantaggi competitivi sui mercati internazionali. La proposta richiede un’analisi ex-ante del rischio di carbon leakage per l’export, da completare prima del termine del periodo transitorio, anziché un’analisi ex-post biennale come attualmente previsto. Inoltre, si propongono misure di supporto alle industrie esportatrici come il mantenimento di quote gratuite del sistema ETS per i prodotti destinati all’export.

Integrazione delle emissioni indirette. La proposta sostiene che l’estensione della tassa CO2 alla frontiera alle emissioni indirette debba avvenire solo se non compromette la competitività dei settori a maggior intensità energetica e se non comporta la soppressione delle attuali misure di compensazione per i costi indiretti.

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