Maggioranza di 6 a 3 nella sentenza sul taglio delle emissioni
(Rinnovabili.it) – Il governo federale degli Stati Uniti non ha diritto di fissare un taglio delle emissioni per le centrali a carbone e a gas. Lo ha stabilito ieri la Corte suprema, con quella che il presidente Joe Biden ha definito “un’altra decisione devastante che mira a far regredire il nostro paese” (gli stessi giudici pochi giorni fa hanno indebolito il diritto all’aborto). Una tegola pesantissima per la politica climatica della Casa Bianca, che già procedeva a rilento.
La sentenza limita la possibilità, per l’Agenzia per la protezione dell’ambiente (Epa), di emanare regolamenti sul taglio delle emissioni ai sensi del Clean Air Act, la legge americana su cui si incardina gran parte della lotta alle emissioni di gas serra del paese. Il caso è stato sollevato dal West Virginia – grande produttore di carbone – e poi subito appoggiato da altri stati a guida repubblicana, tra cui Texas e Kentucky.
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Cosa significa in termini concreti questa sentenza e che ripercussioni avrà? Di fatto, l’amministrazione Biden si trova con un pugno di mosche in mano. Lo strumento principale – e, finora, l’unico – per il taglio delle emissioni è diventato inservibile. E la Corte ha creato un precedente a cui agganciarsi per limitare lo spazio di manovra di altre agenzie federali sempre in fatto di politiche climatiche.
Per il momento le conseguenze più evidenti sono due. La prima, sul fronte interno. Gli Stati Uniti, ad aprile 2021, si erano impegnati a tagliare le loro emissioni del 50-52% rispetto ai livelli del 2005 entro la fine di questo decennio. La Corte suprema ha tagliato le gambe a Biden, che adesso non ha nessuna alternativa davvero valida per onorare questa promessa. Da cui discende la seconda conseguenza: se gli USA non riescono a gestire la loro politica climatica, con quale autorità chiedono ad altri paesi di avere più ambizione? La Corte suprema ha preso a picconate anche la credibilità internazionale di Biden.
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