C’è un calo della performance sui target a livello globale sia per l'aumento dei tassi di povertà e sia per la disoccupazione in seguito all’esplosione dell’emergenza sanitaria che in poco tempo è diventata crisi economica. "Per la prima volta dall'adozione degli obiettivi dell’Agenda 2030 nel 2020 il mondo ha indietreggiato"
di Tommaso Tetro
Pubblicato il report ONU dedicato agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030
(Rinnovabili.it) – Il Covid-19 ha bloccato lo sviluppo sostenibile. La pandemia in sostanza ha funzionato come una battuta d’arresto per lo sviluppo sostenibile nell’intero Pianeta. Per la prima volta del 2015, quando i paesi dell’Onu hanno sottoscritto l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, il 2020 è stato l’anno in cui sono stati fatti passi indietro rispetto agli obiettivi di sviluppo sostenibile. A certificarlo il nuovo rapporto del centro studi delle Nazioni Unite ‘Sustainable development solutions network (Sdsn)’, che mette in evidenza come il calo della performance sui target dell’Agenda a livello globale sia dovuto in gran parte all’aumento dei tassi di povertà e di disoccupazione seguito all’esplosione dell’emergenza sanitaria, che in poco tempo è diventata crisi economica.
In particolare – racconta il rapporto – il Covid-19 ha messo in luce una limitata capacità dei Paesi in Via di sviluppo a basso reddito di attingere ai finanziamenti del mercato. Mentre i governi dei Paesi ad alto reddito si sono largamente indebitati come risposta alla pandemia, quelli più poveri non hanno potuto farlo a causa della loro minore solvibilità di mercato.
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“Per la prima volta dall’adozione degli obiettivi dell’Agenda 2030 – afferma Jeffrey D. Sachs, presidente dell’Sdsn e principale autore del rapporto – nel 2020 il mondo ha indietreggiato. La pandemia da Covid-19 ha creato non solo un’emergenza sanitaria globale, ma anche una crisi dello sviluppo sostenibile. Per ripristinare i progressi verso i target di sviluppo sostenibile, i Paesi in Via di sviluppo hanno bisogno di un significativo aumento dello spazio fiscale, attraverso una riforma fiscale globale e un ampliamento del finanziamento da parte delle banche multilaterali di sviluppo. Le spese fiscali – prosegue D. Sachs – dovrebbero sostenere le sei trasformazioni chiave: istruzione di qualità per tutti, copertura sanitaria universale, energia pulita e industria, agricoltura e gestione del suolo sostenibili, infrastrutture urbane sostenibili e accesso universale alle tecnologie digitali”.
L’effetto principale nel breve termine, dovuto al diverso spazio fiscale tra i Paesi ad alto e basso reddito, è la probabilità che i Paesi ricchi si riprendano dalla pandemia più rapidamente di poveri. La Finlandia è al primo posto dell’Sdg index del 2021, seguita da altri due Paesi nordici: Svezia e Danimarca. Nonostante ciò anche la Finlandia e i Paesi nordici si trovano di fronte a importanti problemi sui target dell’Agenda, oltre a essere in ritardo nel raggiungimento di tutti gli obiettivi al 2030. L’Asia orientale e meridionale ha compiuto maggiori progressi rispetto a qualsiasi altra regione, sia dal 2010 che dall’adozione degli obiettivi nel 2015. I tre paesi che hanno fatto più passi in avanti nell’Sdg index dal 2015 sono il Bangladesh, la Costa d’Avorio, e l’Afghanistan. Quelli che invece sono calati di più nella classifica sono il Venezuela, Tuvalu e il Brasile.