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L’Italia può cancellare subito 20 miliardi di sussidi ambientalmente dannosi

Sussidi ambientalmente dannosi (SAD) 2023 Italia: sono il 3,8% del pil
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L’Italia ha destinato 78,7 miliardi di euro ai sussidi ambientalmente dannosi (SAD) nel 2023. Aiuti per caldaie a gas, crediti d’imposta e riduzioni dei costi per carburanti, supporto alle centrali fossili tramite il Capacity Market: misure come queste si mangiano il 3,8% del pil nazionale. La stessa cifra che spendiamo ogni anno per scuole e università. E il dato cresce. Dal 2020, in media ogni anno i SAD lievitano di 3,5 miliardi.

Mentre la Cop29 di Baku cerca un accordo globale sulla finanza climatica e il governo prova a far quadrare i conti della Manovra 2025 tagliando (poco) i SAD, Legambiente cerca di dare una bussola sul tema tra dati mancanti, un Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli che non è aggiornato dal 2021, e una politica energetica italiana sbilanciata sulle fonti fossili.

Vediamo nel dettaglio la fotografia scattata dall’associazione del Cigno Verde nella 13° edizione del rapporto “Stop sussidi ambientalmente dannosi”, pubblicato il 15 novembre, che presenta i dati sui SAD in Italia aggiornati a fine 2023.

Cosa sono i sussidi ambientalmente dannosi (SAD)?

I sussidi ambientalmente dannosi (SAD) sono incentivi economici sotto forma di aiuti finanziari diretti o indiretti (come sconti fiscali o finanziamenti) che abbassano il reale costo di utilizzo delle risorse naturali o delle fonti fossili.

Esempi di sussidi ambientalmente dannosi sono il finanziamento per la costruzione di autostrade o gli sconti sulle tasse per l’uso di carburanti come benzina e gasolio nei trasporti, nel riscaldamento e nelle industrie. Questi incentivi favoriscono attività economiche che, pur essendo vantaggiose dal punto di vista finanziario, hanno un impatto negativo sull’ambiente.

Esistono due tipi principali di SAD:

Calcolare a quanto ammontano i SAD non è semplice ed esistono diverse metodologie. Il margine di incertezza riguarda soprattutto i sussidi impliciti. Secondo Earth Track, nel 2023 a livello globale i SAD sono arrivati a 2.477 miliardi di dollari, pari al 2,5% del pil mondiale. Per il Fondo Monetario Internazionale, contando anche i sussidi impliciti si raggiunge quota 7.000 mld $, il 7,1% del pil globale.

Dati mancanti: il Catalogo dei SAD e dei SAF italiano non è aggiornato

L’Italia ha un database ufficiale per i suoi SAD, il Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi (SAD) e dei sussidi ambientalmente favorevoli (SAF) previsto dall’art. 68 della legge 28 dicembre 2015, n. 221 (Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali).

In teoria, il Catalogo dovrebbe essere aggiornato entro il 30 giugno di ogni anno. A novembre 2024, l’ultimo aggiornamento si basa sui dati del 2021. E Legambiente chiede di aggiornarlo puntualmente.

Il Catalogo è lo strumento che supporta la rimozione progressiva dei SAD, obiettivo su cui l’Italia si è impegnata in sede internazionale. La normativa italiana prevede che il percorso di abbandono dei SAD sia definito entro il 2025 seguendo:

Quanto costano i SAD all’Italia?

Secondo Legambiente, il volume totale di sussidi ambientalmente dannosi (SAD) 2023 in Italia arriva a 78,7 miliardi di euro. Dal 2010 (l’anno in cui è iniziato il monitoraggio dell’associazione ambientalista), l’ammontare complessivo raggiunge 383,4 miliardi in 13 anni.

Questi numeri spingono Legambiente ad affermare che “l’Italia continua a rispondere alla crisi climatica ed energetica finanziando le fossili”. D’altronde, la stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nel suo discorso alla Cop29 sul clima di Baku il 13 novembre, ha detto chiaramente che ritiene le fossili un’opzione di cui non si può fare a meno.

In 13 anni, i SAD Italia sono aumentati del 368%

La tendenza? All’aumento. Tra 2011 e 2016, la media annuale di SAD in Italia è di 13,8 mld. Tra 2018 e 2023, la media schizza a 50,8 mld l’anno. Un incremento del 368%.

Il primo balzo è tra 2018 e 2019, quando il totale dei SAD Italia raddoppia a circa 36 mld. Anche tralasciando gli anni 2022 e 2023, segnati dalla crisi energetica e dalla guerra in Ucraina (con i sussidi emergenziali che sono lievitati), il volume del 2021 è più di 3 volte quello medio della prima metà del decennio precedente.

A chi vanno i sussidi ambientalmente dannosi dell’Italia?

Come di consueto, il settore che attrae più SAD è sempre quello energetico. Da solo, racimola più sussidi degli altri 3 settori più rappresentati.

Secondo i conti di Legambiente, nel 2023 la spesa SAD energia trasporti edilizia è stata così ripartita:

Restano altissimi i sussidi emergenziali: nel 2023 sono 33,4 i miliardi spesi per misure legate all’emergenza energetica. Erano 51,2 mld nel 2022. È proprio questo taglio a determinare quasi del tutto la flessione che si registra sui SAD totali tra 2022 e 2023, quando si scende da 94,8 a 78,7 mld.

Ad ogni modo, i sussidi strutturali – quelli non legati ad alcuna emergenza – restano nel 2023 i più alti mai registrati, pari a 45,3 miliardi di euro. Salgono soprattutto quelli al settore energetico, dove i SAD strutturali passano da 8 a 10 mld l’anno.

Secondo Legambiente, più del 25% dei sussidi ambientalmente dannosi (SAD) 2023 è subito cancellabile: si tratta di 20,9 mld euro, di cui 8,9 dall’energia, 6 dai trasporti, 4,2 dall’edilizia.

Vediamo più in dettaglio alcuni dei SAD Italia 2023 che si potrebbero cancellare.

Trivellazioni

Il governo Meloni ha deciso di rendere l’Italia un hub del gas fossile nel Mediterraneo. Prevede lo sviluppo di infrastrutture per il trasporto del gas e la ripresa dell’estrazione anche da giacimenti offshore (con l’ipotesi di ridurre da 12 a 9 miglia il limite di distanza dalla costa).

Proprio le trivelle sono una delle voci sottolineate da Legambiente. Tra inadeguatezza delle royalties, dei canoni ed altre esenzioni, le trivelle sono costate allo Stato 642 milioni di euro in mancate entrate nel 2023. Nel 2022 erano circa 508 mln.

Le norme che determinano questo ammanco sono “difficilmente conciliabili” con la crisi climatica, rimarca il Cigno Verde. D’altronde, applicando un’aliquota del 20% alle royalties per gas e petrolio (oggi al 10 e 7%), lo Stato avrebbe incassato 476 mln in più.

Capacity Market

Secondo i conti di Legambiente, una voce pesante e da cancellare visti gli impegni internazionali dell’Italia e gli obiettivi fissati nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) è quella del Capacity Market.

Nel 2023 sono aumentati di 160 milioni i sussidi a centrali fossili, portando il totale da 1,01 a 1,17 miliardi in un anno.In particolare, con le Aste dal 2022 al 2024 sono 63 i progetti che hanno ottenuto un sussidio per l’installazione di nuova potenza a gas fossile (22 ripotenziamenti e 41 nuovi impianti) per un totale di 8,3 GW di nuova capacità e un costo stimato in tre anni di 570 milioni.

Ugualmente contrari agli obiettivi della transizione su cui è impegnata l’Italia sono i prestiti e le garanzie pubbliche a progetti fossili nel mondo. Anche questi hanno visto un’impennata: nel 2023 hanno superato i 6 miliardi, con un incremento del 563% rispetto al 2022.

Caldaie a gas

Il supporto alle caldaie a gas va contro le più recenti direttive europee, ma l’Italia sta tirando dritto. Nel 2022 state installate circa 687.532 caldaie a gas a condensazione con un supporto statale, calcola Legambiente. In totale, 4,2 miliardi di spesa tra Ecobonus, Superbonus e Bonus Casa. Circa 1 miliardo in più del 2021.

L’iniziativa però non fa altro che “finanziare la dipendenza dal gas delle famiglie per i prossimi 20 anni (la vita media di una caldaia in Italia)”, punta il dito l’associazione. Tra gas e gasolio, in Italia il riscaldamento domestico contribuisce per oltre il 17% delle emissioni di CO2 nazionali. Le esigenze di riscaldamento assorbono il 50% del fabbisogno di gas nazionale.

Il potenziale non sfruttato: perché eliminare i SAD è importante

Un altro modo di guardare i sussidi ambientalmente dannosi è considerarli come un indicatore di potenziale non sfruttato. Legambiente lo fa suggerendo un modo alternativo di gestire la crisi energetica.

Il governo Draghi e il governo Meloni hanno speso, tra 2022 e 2023, 84 miliardi di euro in sussidi emergenziali. Cosa avrebbe potuto fare l’Italia per la transizione energetica con quelle risorse, se fossero state impiegate diversamente?

Secondo Legambiente, investirne solo un quarto – circa 20 miliardi – in fonti rinnovabili avrebbe garantito circa 13,3 GW di nuova potenza installata e una produzione di 30 TWh di energia pulita. L’equivalente del fabbisogno di 12 milioni di famiglie, la metà del fabbisogno elettrico domestico italiano. Un risparmio annuo di 4 miliardi di metri cubi di gas. 

Altrettanto importante, continua l’associazione, è comprendere che è necessario rivedere come vengono trattati i sussidi ambientalmente dannosi nel PNIEC. L’aggiornamento del Piano firmato dal governo (30 giugno 2024) sostanzialmente tocca solo i SAD relativi alle auto aziendali, indicandoli come oggetto di valutazione per riforme. È uno degli assi portanti della Manovra 2025, per quanto riguarda l’eliminazione dei SAD. Ma si tratta di una percentuale bassissima, appena il 2,5%, dei SAD Italia 2023 totali.

“In piena COP 29 e durante la discussione parlamentare della Legge di Bilancio 2025, il Governo Meloni imbocchi la strada giusta – dichiara Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – con un impegno serio sul clima e una giusta e rapida transizione energetica verso un futuro libero dalle fossili; smettendo di finanziare un modello energetico sbagliato, basato su gas, carbone e petrolio e di puntare come rigassificatori, Cattura e Stoccaggio del Carbonio (CCS) e il nucleare facendo gli interessi delle lobby del fossile”.

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