Insieme emettono 2,2 Gt CO2e l’anno, il 4% dei gas serra mondiali. I loro impegni reali, nella stragrande maggioranza dei casi, sono totalmente fuori traiettoria rispetto alla neutralità climatica. Nelle strategie dominano ancora linguaggio fumoso e uso ambiguo delle compensazioni
L’analisi di NewClimate Institute e Carbon Market Watch sulle strategie climatiche delle 24 maggiori aziende
(Rinnovabili.it) – Impegni climatici presentati con un linguaggio ambiguo. Piani di compensazione delle emissioni poco credibili. E ben poco riguardo per i gas serra generati a valle, quelli che costituiscono lo Scope 3. Sono i tratti molto diffusi nelle strategie climatiche delle aziende più grandi al mondo, 24 compagnie che nel 2021 hanno dichiarato profitti per 3.100 mld di $ e hanno prodotto 2,2 Gt CO2e, cioè circa il 4% dei gas serra globali.
In questa situazione si trovano ben 15 compagnie sulle 24 analizzate da un rapporto di NewClimate Institute e Carbon Market Watch pubblicato oggi che cerca di distinguere le promesse solide dal semplice greenwashing. “La rapida accelerazione degli impegni delle aziende in materia di clima, unita alla frammentazione degli approcci, fa sì che sia più difficile che mai distinguere tra una vera leadership climatica e un greenwashing privo di fondamento”, scrivono gli autori. “A ciò si aggiunge una generale mancanza di supervisione normativa a livello internazionale, nazionale e settoriale”.
Luci e ombre delle strategie climatiche delle aziende
Il campione di aziende è composto prendendo le 3 maggiori compagnie affiliate a una delle iniziative globali di riduzione delle emissioni in ciascuno degli 8 settori produttivi a maggior tasso di carbonio. Le 24 aziende promettono di essere allineate all’obiettivo degli 1,5 gradi. Ma in realtà le loro strategie climatiche le portano appena verso un -36% di emissioni nel 2050 (addirittura ben sotto il -43% che sarebbe necessario entro il 2030), cioè un taglio di solo 790 Mt CO2e.
“Per le 22 aziende con obiettivi per il 2030, scopriamo che tali obiettivi si traducono in un impegno mediano di riduzione assoluta delle emissioni pari ad appena il 15% delle emissioni dell’intera catena del valore tra il 2019 e il 2030”, si legge nel rapporto.
Un altro taglio del 40% (890 Mt CO2e) è affidato a obiettivi fumosi, in cui non è chiaro qual è il ruolo della riduzione di CO2 e quale quello delle compensazioni. Arrivano poi a sfiorare il 20% (420 Mt CO2e, più delle emissioni annuali dell’Italia) le emissioni che le strategie climatiche delle aziende non considerano proprio: quelle escluse dal computo per dichiarare raggiunta la neutralità climatica.
Nella classifica stilata nel rapporto, le peggiori sono Pepsico e American Airlines: i loro impegni climatici sono quasi impossibili da valutare. Samsung, Walmart e il colosso della carne JBS hanno piani ben poco solidi e un taglio reale delle emissioni inferiore al 10%. Carrefour, Amazon e Nestlé hanno piani scadenti e riduzioni comprese tra il 15 e il 20%. Pochi punti percentuali in più (fino a -30%) ma poca chiarezza nelle strategie anche per colossi auto come Volkswagen e Mercedes-Benz. Le uniche che superano i target minimi di riduzione gas serra sono il colosso della logistica via nave Maersk, Stellantis (ex FCA, Fiat), H&M e Apple.