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Stop gas russo, le contromisure della Germania

Come Roma, anche Berlino è molto esposta a un eventuale cessazione delle forniture di gas dalla Russia. I livelli di stoccaggio tedeschi sono al 30% contro il 38,5% italiano. Come si sta preparando la Germania al prossimo inverno?

Stop gas russo: come si prepara la Germania?
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Dopo le sanzioni a Mosca, possibile uno stop gas russo

(Rinnovabili.it) – Insieme all’Italia, la Germania è tra i paesi europei più esposti a un eventuale riduzione o stop gas russo. Ed è anche tra quelli più attivi nel prendere contromisure. Se Roma ieri ha dichiarato lo stato di pre-allarme per il gas, Berlino ha compiuto un mezzo dietrofront sulla sua politica energetica. In un discorso tenuto domenica 27 al Bundestag, il parlamento tedesco, il neo-cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz ha parlato di nucleare, carbone, GNL e rinnovabili.

Più riserve contro lo stop gas russo

La priorità tedesca è assicurarsi buoni livelli delle riserve di gas. La Germania, ha detto Scholz, aumenterà il volume di gas naturale nei suoi impianti di stoccaggio di 2 miliardi di metri cubi attraverso opzioni a lungo termine e comprerà gas naturale aggiuntivo sui mercati mondiali in coordinamento con l’Unione Europea. Al momento, Berlino ha una capacità di stoccaggio gas di 24 bcm (miliardi di metri cubi), che è attualmente piena al 30% circa. Meno dell’Italia, che viaggia sul 38,5%%.

Resuscitare i terminal GNL…

GNL – Per supplire al possibile stop gas russo via pipeline, che valgono circa il 50% dell’import di gas, Berlino accelererà i lavori su due nuovi terminal per gas naturale liquido, a Brunsbuettel e Wilhelmshaven.

Entrambi erano già in cantiere prima della crisi scatenata dall’invasione russa dell’Ucraina, quindi non bisognerà partire da zero. Alla foce dell’Elba, Brunsbuettel è progettato per una capacità di 8 bcm l’anno ed è gestito dall’olandese Gasunie (rete gas), da Vopak (stoccaggio, ma l’azienda si è tirata indietro a novembre 2021) e dalla tedesca Oiltanking. Il progetto ha un costo totale di 450 milioni di euro e, prima della crisi, doveva essere consegnato nel 2024. Ma ha avuto problemi e ritardi a non finire. Se ne parla dal 2017, ma coronavirus e scarso entusiasmo degli operatori nel prenotare quote di capacità hanno rallentato tutto.

Se Brunsbuettel incespicava da mesi, Wilhelmshaven era stato messo direttamente nel cassetto. Due volte. Del terminal si parlava addirittura dal 2005, per una capacità di 10 bcm/anno. E.ON, il gestore, però decise nel 2008 per un terminal a Rotterdam. I piani vennero rispolverati nel 2014 da Uniper, proprio come risposta alla prima crisi ucraina (invasione del Donbas e annessione illegale della Crimea). L’azienda pensava a un terminal flottante a nord di Brema, poi la pandemia e la difficoltà di avere via libera per l’impatto ambientale (è vicino al parco marino nazionale di Wadden e a molte aree protette) hanno fatto tramontare anche questo tentativo. Ad aprile 2021 Uniper ha cancellato il progetto, ipotizzando di poterlo riprendere come hub per l’idrogeno.

Un terzo terminal GNL da 12 bcm/anno è in progetto a Stade ed è sviluppato da Hanseatic Energy Hub con l’appoggio di Dow Chemicals. Investimento da mezzo miliardo di euro, l’impianto sorgerebbe nell’estuario dell’Elba, non lontano da Amburgo. Il progetto risale al 2018 e ha subito dei rallentamenti da questo autunno, con la crisi dei prezzi del gas che ha indotto il consorzio a rimandare l’asta della capacità del terminal a fine 2022. Da scaletta, l’impianto dovrebbe essere operativo nel 2026.

Di fatto, Stade è l’unico terminal GNL ancora in programma. Nel suo discorso, Scholz ha detto che la Germania rispolvererà e costruirà “rapidamente” i due impianti di Brunsbuettel e Wilhelmshaven, senza però dare un’idea dei soggetti industriali coinvolti né della tempistica. Nel caso di Wilhelmshaven, la stampa tedesca suggerisce che Berlino possa rivolgersi al colosso energetico RWE. In ogni caso, saranno i primi terminal di gas naturale liquido del paese, finora dipendente al 100% dall’import via gasdotto.

…insieme al nucleare?

Per quanto la Germania possa fare in fretta sul fronte del GNL, questa soluzione non risolve i problemi nel brevissimo e breve termine (con orizzonte la prossima stagione invernale, da settembre 2022) dello stop gas russo. Nemmeno tenere in vita il nucleare, che pure è un’opzione, li risolve. Il cancelliere tedesco ha sì ventilato la possibilità di non chiudere le 3 centrali nucleari ancora attive in Germania, che dovrebbero spegnersi a fine anno dopo che una prima tranche di altri 3 impianti è andata offline il 31 dicembre scorso.

Ma la procedura di spegnimento è già in fase molto avanzata, tanto che le tre aziende che gestiscono le centrali nucleari di Isar 2, Emsland e Neckarwestheim 2, cioè E.ON, RWE e EnBW, hanno fatto sapere al governo di non contare sull’output dell’atomo per il prossimo inverno. In più, rileva il ministro dell’Economia e della Transizione ecologica Robert Habeck, mancano anche le scorte di uranio. Che si possono procurare, ma al momento non sono ancora una certezza.  

Ancora carbone contro lo stop gas russo

Nell’immediato, sia Scholz che Habeck hanno fatto riferimento al carbone per supplire allo stop gas russo. La Germania pianifica di ultimare il phase out di questo combustibile fossile entro il 2030. Ma per la fine dell’estate, le riserve strategiche tedesche di carbone saranno aumentate. In un’intervista alla stampa tedesca, ieri Habeck ha sottolineato che mentre atomo e carbone sono certamente due opzioni da considerare nell’immediato e nel medio termine, sono anche soluzioni che non eliminano il problema della dipendenza dall’estero, anche se mettono la Germania al riparo da scossoni dalla Russia. La via definitiva per il ministro è sempre quella delle rinnovabili.

Nuovi obiettivi sull’energia pulita

Su questo fronte, i Verdi hanno annunciato ieri che è pronto un emendamento alla legge sulle Fonti di energia rinnovabile per potenziare la corsa dell’energia pulita. L’intervento fisserà al 2035 l’orizzonte entro cui arrivare al 100% di rinnovabili nel mix elettrico, con una tappa intermedia dell’80% nel 2030. Attualmente, la legge prevede una deadline molto vaga, “prima del 2050”. Nella nuova formulazione dovrebbe puntare a 100-110GW di eolico onshore entro il 2030, quadruplicare l’output del fotovoltaico a 200GW, ovviamente con un ricalibramento generale dei volumi messi all’asta. Tra le altre misure, aumento degli incentivi per il solare domestico, cancellazione della clausola che fa scendere gli incentivi con l’espandersi del mercato delle rinnovabili, e poi ancora CfD. (lm)