Un “impegno” per superare “un supremo malinteso“, quello che vede i parchi come fonte di limiti allo sviluppo quando invece ne costituiscono un volano. Un impegno che “diventa una missione”. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto lo dice in chiusura della due giorni degli Stati Generali delle Aree protette, organizzati dal MASE in collaborazione con Federparchi-Europarc Italia.
Evento che si chiude con un documento finale che verrà diffuso fra chi ha partecipato per un ulteriore confronto ed elaborazione. Dopo aver raccolto ulteriori contributi, per fine gennaio saranno pubblicate le risultanze finali della due giorni. Si punta alla revisione della 394/91, la ‘legge dei parchi’, revisione più volte tentata in Parlamento ma senza successo. “E’ una buona legge, però dopo anni va adattata a un modello diverso, perché in 35 anni c’è stata una trasformazione del sapere, del sentire e anche purtroppo un peggioramento del quadro economico per certi aspetti”, avverte il titolare del MASE. Ora dobbiamo “guardare avanti, oltre la 394 a un nuovo equilibrio di sistema giuridico, di sistema normativo, di governo complessivo”, aggiunge.
I 6 capitoli del Documento degli Stati Generali Aree Protette
Velocità/flessibilità decisionale; Governance; Organico; Risorse; Coordinamento; Educazione Ambientale. Questi i sei capitoli del documento finale degli Stati Generali delle Aree protette.
Velocità perché il sistema risulta “appesantito, sia dai gravami delle nomine gestionali, sia dalle stesse strutture interne”. La proposta di lavoro invita a “valutare come e quanto sia possibile proporre modelli più efficienti che sappiano conciliare tutte le esigenze in campo”.
Governance in particolare per quel che riguarda le Aree Marine protette nelle quali “a differenza degli Enti Parco, gli Enti Gestori non hanno funzioni proprie ma svolgono la loro attività in virtù di una delega da parte del ministero“.
Organico sempre carente, per cui si tratta di un tema “da risolvere e da sviluppare anche in materia di autonomia gestionale e di impegno delle risorse”.
Risorse, appunto, da sostenere con il tema delle sponsorizzazioni, o della fiscalità agevolata per chi dona. Nel settore si vive, infatti, “l’esigenza di promuovere lo sviluppo di una finanza pubblica delle aree protette, che al netto dei trasferimenti statali, naturalmente congrui, deve prevedere criteri di premialità, evitare residui non impiegati ed avanzi, promuovere un regime di agevolazione fiscale per l’ottenimento di trasferimenti liberali o di sponsorizzazioni, anche in una logica di intervento centrale, per godere dei vantaggi di una economia di scala”.
La possibilità di sponsorizzazioni private a parchi nazionali, regionali e aree marine protette – anche usando lo strumento di un regime fiscale agevolato per le donazioni, in modo da attrarre offerte liberali – rappresenta “una nuova opportunità che si sta aprendo”, valuta il titolare del MASE. Per il patrimonio culturale le sponsorizzazioni sono “qualcosa di importante, perché aiutano la pubblica amministrazione a raggiungere degli obiettivi che non sempre le finanze pubbliche riescono a raggiungere”, segnala Pichetto.
Da ciò però emerge “sempre più la necessità di coordinamento”. Ecco il punto sul Coordinamento, tema che apre alla proposta di un’Agenzia delle Aree protette formulata ieri, nell’ottica di “unità di visione, di narrazione, di prospettiva di tutte le Aree protette”. Per questo si valuta “la creazione di un organo al vertice della Rete complessiva di tutte le aree protette, nazionali e regionali, al fine di promuovere interventi comuni, collegamenti strategici, sviluppo unisono di indirizzi in svariati campi, compresa l’attività scientifica, di promozione, di educazione ambientale”. Ipotesi circa la quale Pichetto segnala che “la valutazione sull’agenzia verrà fatta a livello di ministero. Quello che dobbiamo tenere presente è di non aggiungere interventi burocratici, ma interventi che diano più speditezza alla nostra azione”.
Infine il documento invita a “intendere l’educazione ambientale come il principale e più utile ‘momento di contatto’ fra le aree protette e i cittadini, non solo quelli che vivono nei Comuni situati all’interno delle stesse”.
Un insieme di proposte che ancora deve prendere forma. Infatti “la proposta di un disegno di legge di iniziativa governativa può essere uno strumento adatto”, precisa il documento, “pur nel rispetto della autonomia del legislatore che sul tema si è comunque spesso cimentato, compreso in questa legislatura”.
Più in generale, guardando al sistema dei parchi e alle aree protette “la questione di fondo che percepiamo è quella di far considerare i gestori non come dei dispensatori di soli divieti, come frequentemente purtroppo viene percepito, ma come strumento di sviluppo del territorio”, auspica Pichetto. Il ministro evoca un “impegno a superare un limite culturale” per rimuovere “un limite secondo il quale le aree protette sono zone in cui vigono solo vincoli e divieti e non anche opportunità”. Quello che porta a vedere solo un limite e non un’ occasione di sviluppo è “un supremo malinteso che si percepisce quando i comuni non vogliono entrare a far parte dell’area protetta, perché temono vincoli, divieti, la subdola cessione di poteri di amministrazione e non tengono in considerazione tutta una serie di opportunità che ci sono”, ribadisce Pichetto.
Quella da mettere in campo dunque è “un’azione culturale che deve superare tutto ciò e far sentire tutti gli enti coinvolti attori del territorio, personaggi attivi, attraverso l’attività degli Enti parco impegnati a governare quelle che sono aree vaste“. Realtà “importantissime per la protezione della biodiversità del Paese, che è l’opportunità che abbiamo”, conclude il ministro, perché “un Paese come il nostro, un grande Paese, con una biodiversità eccezionale, un enorme patrimonio sotto l’aspetto ambientale, oltre che culturale, può fare dei parchi motivo di vanto e beneficio”.