
Le microimprese italiane – il 42% della forza lavoro – pagano l’energia elettrica il 165% in più rispetto alle grandi aziende. Mentre 5,3 milioni di cittadini sono costretti a tagliare i consumi di luce e gas per riuscire a pagare. È la fotografia scattata dalla CGIA di Mestre sulla spesa per le bollette e la povertà energetica, su dati relativi al primo semestre 2024.
Peggiori in Europa per spesa bollette microimprese
Nei primi 6 mesi dell’anno scorso, le microimprese italiane (attività con meno di 10 dipendenti e fatturato sotto i 2 milioni) hanno sostenuto un costo medio di 348,3 euro per megawattora (€/MWh). Le grandi aziende 131,6.
Un differenziale del +164,7% che colloca l’Italia al 4° posto nella classifica UE per disparità tariffaria, dopo Francia (+241,8%), Spagna (+199,6%) e Portogallo (+176,1%). Ma non è tutto.
“A differenza degli altri Paesi dell’Area dell’Euro, il prezzo dell’energia elettrica in capo alle nostre microimprese è il più alto di tutti”, scrive la CGIA di Mestre. In effetti, l’Italia detiene il primato europeo dei costi energetici per le microimprese. Supera del 5,8% la Germania (ferma a 329,3 €/MWh) e del 43,2% la Spagna (che resta a 243,3 €). Un gap che colpisce il 95% del tessuto produttivo nazionale, dove operano 4,2 milioni di microattività.
Da cosa dipende lo sbilanciamento tricolore nella spesa bollette tra grandi aziende e microimprese? Secondo il rapporto, il 18,4% del costo energetico per le microimprese deriva da tasse e oneri, contro una media UE del 9,6%. Le voci più pesanti sono:
- promozione rinnovabili (55% degli oneri)
- accise ambientali (16%)
- sicurezza energetica (9%)
- tasse locali (20%)
Per le grandi aziende questa componente si riduce a 1/3, grazie agli sgravi introdotti dalla riforma degli energivori del 2018. Un meccanismo che ha trasferito il carico fiscale sulle piccole realtà, nonostante i correttivi del Governo Draghi.
La mappa della povertà energetica in Italia
Sul fronte dei privati, lo studio della CGIA fissa a 2,4 milioni di famiglie, pari a 5,3 milioni di italiani, la quota di coloro che vivono in condizioni di povertà energetica. I dati OIPE 2023 rivelano un’Italia spaccata, con il Sud che registra – come di consueto – l’incidenza maggiore del fenomeno.
Nel dettaglio, le regioni dove insiste più povertà energetica sono:
- Calabria (19,1% delle famiglie)
- Basilicata (17,8%)
- Molise (17,6%)
- Puglia (17,4%)
- Sicilia (14,2%)
Al contrario, Lazio (5,8%), Friuli Venezia Giulia (5,6%) e Marche e Umbria (4,9%) registrano i valori più bassi.
Il divario tra nord e sud peraltro è amplificato dal tipo di riscaldamento, nota il rapporto. il 73% delle famiglie a rischio usa gas metano, contro il 27% che ricorre a pellet o combustibili alternativi. Chi è in condizioni di povertà energetica è soprattutto disoccupato (38% dei casi), pensionato che vive da solo (29%) o lavoratore autonomo (22%). Mentre i fattori aggravanti più comuni sono con scarse prestazioni energetiche (62% dei casi) e nuclei familiari numerosi (oltre 5 componenti nel 41% delle situazioni critiche).
Dati, questi, che potrebbero tornare a salire quest’anno. Dopo il calo del 2024 (-13,8% gas, -14,6% elettricità), i primi mesi del 2025 segnano una nuova impennata per la spesa bollette. Il gas a marzo segna +93% sullo stesso mese del 2024 (a 54 €/MWh). Mentre l’elettricità registra un aumento del 73% (a 152 €/MWh).
Per mitigare i rischi, la CGIA propone di:
- Ricalibrare gli oneri per redistribuire i costi tra utenti,
- rafforzare l’efficientamento energetico con incentivi mirati,
- Preparare piani anti-povertà regionali differenziati.
Insomma: senza correttivi strutturali, rischiamo di strangolare il motore produttivo e sociale del paese, avverte la CGIA.