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Siti di interesse nazionale, cosa ostacola le bonifiche?

Siti di interesse nazionale, cosa ostacola le bonifiche?La bonifica dei Siti di interesse nazionale è solo un problema di reperimento dei fondi?

Sembra essere questa la domanda implicita che 9 senatori del Movimento 5 stelle si pongono nell’interrogazione parlamentare destinata al Presidente del Consiglio e al Ministro dell’ambiente, pubblicata il 20 marzo.

L’interrogazione analizza con precisione le criticità, per non dire i disastri, della gestione delle bonifiche in Italia.

Anche per quel che concerne i SIN ed in generale le bonifiche, sono i numeri a destare preoccupazione. Sono i numeri del Progetto Sentieri coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, che ha realizzato il profilo sanitario delle popolazioni residenti in 44 SIN, facendo emergere dati drammatici per la salute dei cittadini, tipologicamente caratterizzati dall’eccesso di tumori della pleura nei SIN: secondo gli studi e le analisi dell’Istituto Superiore della Sanità come conseguenza dei fenomeni di inquinamento sono decedute oltre 10.000 persone.

 

Ma i numeri riguardano anche i fondi spesi per le bonifiche:

dal 2001 al 2012 sono stati impegnati 3,6 miliardi di euro di investimenti, tra denaro pubblico (1,9 miliardi di euro, pari al 52,5% del totale) e progetti approvati di iniziativa privata (1,7 miliardi di euro, pari al 47,5% del totale);

 

la delibera  (Comitato interministeriale per la programmazione economica), del 21 Dicembre 2007, relativa all’attuazione della politica regionale riassunta nel Quadro Strategico Nazionale (QSN) 2007-2013, assegnava risorse pari a 3.009 milioni di euro (2.149,269 per il Mezzogiorno, 409,731 per le Priorità 3 del QSN e 450 al Centro-Nord – riparto aggiuntivo del Fondo Aree Sottoutilizzate – FAS, Legge 296/2006 art.1 comma 863); importi a cui si aggiungono stanziamenti regionali;

 

nel luglio 2009 fu determinato uno stanziamento ridotto per il PSS, stabilito in circa 1,7 miliardi di euro (1.698 milioni) per il  triennio 2010-2012, destinato alla bonifica e al ripristino dei siti inquinati previsti dal Documento di programmazione economico finanziaria (Dpef) 2010-2013; alcune delle risorse predette sono state riassegnate con la Delibera Cipe del 3 agosto 2012 n. 87;

 

nel marzo 2008, è stato reso noto il Programma Straordinario Nazionale per il recupero economico produttivo di siti industriali inquinati, denominato Progetto Strategico Speciale per il Mezzogiorno e il Centro-Nord, finanziato con risorse a valere sul  FAS; tra gli  interventi di alta priorità ambientale nelle regioni del Sud e Isole, sono stanziati per le bonifiche circa 423 milioni di euro su un totale di 1.060 miliardi di euro del Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC, ex FAS);

 

secondo la relazione del Ministro per la coesione territoriale, presentata nel febbraio 2014, nel mese di Marzo 2014 “andrà presentata al CIPE, su proposta del Ministro della coesione territoriale, l’allocazione programmatica dell’80% delle risorse relative al Fondo sviluppo e coesione come previsto dall’art. 5, comma 5, del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88 e dalla legge di stabilità per il 2014 che ha ridefinito la dotazione finanziaria per il nuovo ciclo settennale di programmazione in 54.810,00 miliardi e ha delineato gli aspetti fondamentali per le procedure e l’impiego delle risorse”. La presentazione di tale allocazione va accompagnata da un documento di indirizzo strategico che definisce gli obiettivi e i criteri di utilizzazione delle risorse stanziate, le finalità specifiche da perseguire, il riparto delle risorse tra le priorità e le diverse macroaree, nonché l’identificazione delle Amministrazioni attuatrici. Nella visione programmatica indicata nel documento, per le opere infrastrutturali, non possono non rientrare le bonifiche;

 

la Commissione Europea, rispetto alle nuove modalità di programmazione dei Fondi Strutturali  determinate nell’Accordo di Partenariato 2014-2020, ha avanzato una lunga serie di raccomandazioni rispetto alla proposta del Governo italiano del Dicembre 2013; rispetto alle Linee di indirizzo strategico presentate dal Governo Italiano, Obiettivo Tematico 6-Tutela dell’Ambiente e Valorizzazione delle Risorse culturali e ambientali (tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risorse), la Commissione Europea ha osservato che per quanto riguarda la bonifica di aree contaminate, è necessario specificare a quali condizioni tali investimenti saranno finanziati anche per evitare i problemi di attuazione incontrati in passato,  interventi solo su aree pubbliche o terreni espropriati, conformità con le priorità fissate nei piani settoriali, collegamento a progetti di sviluppo e rilancio delle aree.

 

I fondi disponibili nel periodo 2014-2020 ammontano a 60 miliardi di euro, ai quali andrebbero aggiunti quelli del Fondo sviluppo coesione se rifinanziato.

Nonostante tutto, solo in 11 SIN è stato presentato il 100% dei piani di caratterizzazione previsti e anche sui progetti di bonifica presentati e approvati emerge un forte ritardo: solo in 3 SIN è stato approvato il 100% dei progetti di bonifica previsti; sono soltanto 254 i progetti di bonifica di suoli o falde con decreto di approvazione su migliaia di elaborati presentati.  In violazione del principio “chi inquina paga”, i costi delle bonifiche sono sempre meno a carico del responsabile del danno e sempre più addebitati alla pubblica amministrazione.

Viene da pensare quindi che il problema non sia il reperimento dei fondi, ma il cattivo o il mancato utilizzo degli stessi. Proprio partendo da tale implicita constatazione i senatori chiedono al Presidente del Consiglio e al Ministro dell’ambiente se il Governo, nel documento di indirizzo strategico da presentare al CIPE per la riallocazione delle residue risorse da riprogrammare, intenda privilegiare la risoluzione dei problemi collegati al ritardo nell’attuazione delle bonifiche dei siti SIN e  quante risorse intenda destinare alla bonifica ed al recupero dei siti inquinati nell’ambito dell’allocazione programmatica citata.

 

Altro problema legato alle bonifiche è la mancata applicazione e l’inadeguatezza in alcune circostanze del principio “chi inquina paga” diventato ormai un principio astratto e inapplicabile nella maggior parte dei casi.

Infine la cattiva gestione delle bonifiche, come si è visto è legata non solo alle risorse economiche ma anche alla mancanza di  un interesse preciso alla loro attuazione e all’ottenimento di una sostenibilità ambientale nei siti inquinati; per questo si rende necessaria una svolta chiara della politica di coesione, la quale deve chiarire se, laddove risultino garantite ex ante le condizioni di fattibilità tecnica ed economica,  interverrà, e con quali modalità, sul recupero dei siti inquinati al fine di arginare i rischi per la salute pubblica e incentivarne il riutilizzo per finalità produttive favorendo pertanto la crescita occupazionale e riducendo il consumo di suolo.

In un periodo di crisi ambientale ed economica, decidere di “investire” nel recupero di tali aree non sarebbe il primo passo verso la crescita sostenibile e la rinascita economica?

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