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No nucleare, sì carbone: le scelte di Berlino per garantirsi la sicurezza energetica

Nessuna estensione per le 3 centrali nucleari ancora attive (5,3GW) ma in chiusura a fine 2022. Tutti gli impianti a carbone invece resteranno in stand by per tornare in funzione immediatamente se necessario. Lo ha deciso il governo federale in accordo con i governi regionali

Sicurezza energetica: la Germania preferisce il carbone al nucleare
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Con la guerra in Ucraina, la sicurezza energetica tedesca è tra le più a rischio in Europa

(Rinnovabili.it) – Sarà il carbone e non il nucleare a garantire la sicurezza energetica della Germania nei prossimi mesi, finché il mix tedesco non si sarà emancipato a sufficienza dalle importazioni dalla Russia. È l’indirizzo emerso dall’incontro di ieri tra il ministro federale per l’Economia e la Transizione Ecologica, il verde Robert Habeck, e i 16 ministri dell’Energia dei singoli lander.

Insieme all’Italia, la Germania è il paese europeo più dipendente dagli idrocarburi di Mosca. Arrivano dalla Russia il 34% del greggio importato da Berlino e più della metà sia del gas sia del carbone. A differenza dell’Italia, però, la Germania ha almeno un’opzione in più per garantirsi la sicurezza energetica: il nucleare. Ma non intende andare in questa direzione.

Stop all’atomo

La Germania ha iniziato l’addio al nucleare lo scorso 31 dicembre spegnendo 3 delle 6 centrali restanti. Dei 9,5GW complessivi sono stati quindi messi offline 4,2GW. Gli altri seguiranno la medesima sorte entro la fine dell’anno, secondo la tabella di marcia del governo. Che non vuole tornare sui suoi passi. Due i motivi. Sul piano legale, prolungare la vita dei reattori potrebbe richiede nuovi interventi regolatori. Ma c’è soprattutto una ragione pratica alla base della decisione: lo shut-down è a uno stadio avanzato e riattivare le centrali nucleari non darebbe risultati tangibili in tempo per il prossimo inverno, ha spiegato Habeck.

Il carbone è la carta scelta per la sicurezza energetica

Luce verde invece per il carbone. Il piano di Berlino – approvato nell’era Merkel – prevede di chiudere tutti gli impianti entro il 2038, ma la nuova coalizione ha promesso di anticipare la data al 2030. Se il phase out non è in discussione, assicura Habeck, nel frattempo le centrali a carbone saranno l’opzione preferita per tamponare eventuali situazioni di emergenza a breve e medio termine.

Dopo l’incontro di ieri, Habeck ha annunciato che il governo esaminerà quali centrali possono essere spente senza pregiudizio per la sicurezza energetica nazionale. È possibile che continuino a operare anche impianti ad antracite e lignite, i tipi di carbone più inquinanti. In ogni caso, anche le centrali spente resteranno in realtà in stand by, pronte a rientrare in funzione se si presentasse la necessità. Berlino ha una capacità installata di centrali a carbone pari a circa 45GW. Berlino prevede anche di creare una riserva strategica nazionale di carbone per permettere alle centrali di funzionare anche per un mese intero senza ricevere nuove forniture.

Al momento, la Germania importa il 100% dell’antracite che consuma, mentre è autonoma per la lignite. Nel 2021, le importazioni di hard coal dalla Russia sono state 18 mln di t. Secondo il presidente dell’Associazione degli importatori di carbone tedesca, Alexander Bethe, Berlino potrebbe rimpiazzare “in pochi mesi” il carbone russo. Per replicarne le specifiche qualitative, infatti, è possibile mescolare diverse altre tipologie. E il mercato è “sufficientemente liquido” per garantire di cambiare fornitori in poco tempo. Guardando soprattutto a Stati Uniti, Colombia e Sudafrica. Ma anche a Australia, Mozambico e Indonesia.