Rinnovabili • Semiconduttori: l’UE ignora l’impronta ecologica dei microchip

Qual è l’impatto ambientale dei semiconduttori?

Più la tecnologia dei microchip avanza, più il settore diventa ad alta intensità di risorse e di energia, oltre a emettere più CO2 e a produrre più rifiuti, in gran parte speciali. L’UE vuole raddoppiare la sua quota di mercato entro il 2030 attirando impianti all’avanguardia, ma sta ignorando l’impatto sull’ambiente e sul clima del comparto

Semiconduttori: l’UE ignora l’impronta ecologica dei microchip
Foto di Gosia K. da Pixabay

L’8 febbraio l’UE ha presentato il Chips Act per accelerare sui semiconduttori

(Rinnovabili.it) – Nel pacchetto del Chips Act manca del tutto la dimensione dell’impatto ambientale. Anche se quella dei semiconduttori è una delle industrie a più alta intensità di risorse. E inquinante. Eppure il pacchetto legislativo con cui l’Europa vuole raddoppiare la sua quota di mercato nell’ambito dei chip avanzati non fa menzione da nessuna parte della sua impronta ecologica. Non solo, la Commissione spiega che è giusto così.

Sentito dal portale Euractiv, un portavoce dell’esecutivo UE difende su tutta la linea il pacchetto sui semiconduttori presentato l’8 febbraio. Le emissioni? Il settore dei chips è già coperto da strumenti come il mercato del carbonio e il regolamento EMAS (Eco-Management and Audit Scheme). L’impatto sull’ambiente in termini di risorse? Sì, concede, gli impianti di semiconduttori avranno un impatto: ma “sarà compensato dal loro contributo alla transizione sostenibile nel lungo termine”, conclude in modo alquanto fumoso.

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Se il Chips Act cita in apertura alcuni possibili impatti dei semiconduttori (come il rilascio di gas fluorinati o l’elevato consumo energetico richiesto in fase di produzione), la valutazione finale tiene conto solo dei futuri benefici che le applicazioni dei microchip potranno apportare. Una posizione piuttosto insostenibile visto che l’industria dei semiconduttori è ormai diventata più impattante anche dell’automotive in termini di impronta di carbonio e di rifiuti speciali.

Già oggi il primo colosso mondiale dei microchip, la taiwanese, TSMC, consuma il 5% dell’elettricità dell’isola. Quest’anno dovrebbe salire al 7,2% dato il boom in corso. Nel 2019 l’azienda ha consumato 63 mln di t di acqua, abbastanza per riempire oltre 25mila piscine olimpioniche. Un impianto di Intel negli Stati Uniti che si estende su poco meno di 300 ettari produce 15mila t di rifiuti al trimestre, e il 60% di questi sono rifiuti speciali.

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Anche se non esistono ancora studi sistematici sull’intero impatto ambientale dei semiconduttori, che copra l’intero ciclo di vita, il trend generale indica che l’innovazione tecnologica porta a impatti maggiori. Produrre semiconduttori da 2 nm – i più avanzati al momento – richiede il doppio dell’acqua e il triplo dell’elettricità rispetto a quelli da 28 nm, ed emette anche due volte il volume di CO2.