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Sardegna: la strada per lasciare il carbone e abbracciare le rinnovabili

Il gas non è un’opzione obbligata per il sistema energetico sardo. Un nuovo studio, commissionato al RELAB dal WWF, mostra un possibile scenario per soddisfare la domanda energetica sarda al 2050 con i soli apporti rinnovabili

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Di SuperbassOpera propria, CC BY-SA 3.0, Collegamento

Un nuovo scenario energetico per la Sardegna

(Rinnovabili.it) – La decarbonizzazione del sistema energetico sardo non ha necessariamente bisogno di differimenti e non deve obbligatoriamente passare per il metano. Al contrario, la regione, grazie anche alla struttura della domanda nei settori finali, potrebbe fare affidamento su rinnovabili, accumuli idroelettrici e idrogeno verde. Questa perlomeno è la strada indagata dal rapporto che il WWF ha commissionato al gruppo RELAB del PoliMi, dal titolo “Analisi preliminare sul possibile percorso di decarbonizzazione della Sardegna”

Il lavoro ha permesso di ipotizzare un sistema energetico regionale in uno scenario di completa decarbonizzazione al 2050, in assenza di una rete gas e con l’elettrificazione di diverse porzioni dei consumi. Ma soprattutto punta i riflettori sull’abbandono definitivo del carbone, combustibile che sull’isola alimenta ancora la centrale termoelettrica Portovesme e quella di Fiumesanto.

Attualmente i due impianti producono quasi 5 TWh l’anno, ossia poco più della metà dei consumi finali della Sardegna. E, grazie anche alle rinnovabili già installate sul territorio (1 GW di eolico, quasi 800 MW di fv e più di 560 MW di idro), la regione si trova regolarmente con un buon surplus di generazione elettrica.

Lo scenario di decarbonizzazione 2050 della Sardegna

Partendo da questi dati, gli autori hanno simulato uno scenario di completa decarbonizzazione al 2050.  Secondo l’analisi, entro la metà del secolo, la domanda finale di energia potrebbe essere soddisfatta integralmente da fonti rinnovabili nel settore elettrico. Ciò significherebbe aumentare la capacità verde installata a 20 GW complessivi di eolico e fotovoltaico (circa 600 MW di nuovi impianti l’anno) e realizzare 1 GW di nuove centrali idroelettriche a pompaggio ; di questi al meno 5 GW di fv ed eolico e 400 MW di pompaggi andrebbero realizzati entro 15-20 anni per supportare il phaseout. 

A questo si aggiungerebbero entro metà del secolo, 500 MW di accumuli per autoconsumo e fino a 1 GW di impianti per la produzione di idrogeno verde. Lo scenario prevede anche la realizzazione del Tyrrhenian link, l’interconnessione che consentirà di accrescere la capacità di scambio elettrico con il Continente.

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Il settore civile vedrebbe, invece, una significativa penetrazione delle pompe di calore elettriche e moderne caldaie a biomasse. Un mix tecnologico da combinare ad un programma di efficientamento degli edifici e possibili reti isolate di sistemi di teleraffrescamento.

Nel settore industriale, lo scenario 2050 prevede un maggior uso del vettore elettrico con aumento dell’efficienza dei processi, delle rinnovabili per i processi a bassa temperatura ed il ricorso ad idrogeno verde per gestire i consumi non elettrificabili. Discorso non troppo dissimile per il comparto trasporti: si punta sull’elettromobilità per i veicoli leggeri e sull’idrogeno rinnovabile per i mezzi pesanti.

“Lo scenario proposto è coerente con la long term strategy europea e quella italiana che presto dovrà vedere la luce, e, in un confronto con altre prospettive di sviluppo, appare privo di rischio per le risorse economiche impegnate ed i lavoratori coinvolti”, scrive il WWF. “Rinviare l’uscita dal carbone o basarla su altre fonti fossili vorrebbe dire rinviare la definizione di una visione e di veri piani di sviluppo per la Sardegna, e condannare le comunità al perpetuarsi di una situazione di crisi permanente”.