La prima riunione del Nuclear Energy Summit ha coinvolto 32 paesi oltre all’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) e all’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA) e nasce sull’onda dell’inclusione dell’atomo tra le soluzioni su cui puntare per la transizione e l’addio alle fossili sancito dall’accordo finale della Cop28 di Dubai
Roma ha firmato la dichiarazione finale del Nuclear Energy Summit
(Rinnovabili.it) – “Sbloccare appieno” il potenziale del nucleare e “abilitare le condizioni di finanziamento” per sostenere l’estensione della durata dei reattori nucleari esistenti. L’atomo dovrebbe essere preso più in considerazione negli investimenti ESG perché “è una delle fonti di produzione di energia a zero emissioni”. Più fondi, più cooperazione lungo l’intera catena del valore, più collaborazione per ricerca e sviluppo: è la ricetta per dare un ruolo al nucleare nella transizione che ha proposto l’Italia, insieme ad altri 10 paesi UE, al Nuclear Energy Summit che si è tenuto il 21 marzo a Bruxelles.
La generazione da nucleare è al minimo dagli anni ‘80
La prima riunione del formato pro-nucleare ha coinvolto 32 paesi oltre all’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) e all’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA) e nasce sull’onda dell’inclusione dell’atomo tra le soluzioni su cui puntare per la transizione e l’addio alle fossili sancito dall’accordo finale della Cop28 di Dubai.
“Questo vertice storico si baserà sullo slancio della COP28 in cui il mondo ha finalmente concordato di investire nell’energia nucleare per raggiungere i propri obiettivi climatici. Ora è il momento di agire, di definire i passi concreti che renderanno possibile l’investimento”, ha sottolineato Raphael Grossi, direttore dell’IAEA. A cui ha fatto eco Fatih Birol, numero 1 dell’IEA. “Senza il sostegno dell’energia nucleare, non abbiamo alcuna possibilità di raggiungere i nostri obiettivi climatici in tempo”, soprattutto “in quei paesi in cui non disponiamo di un grande potenziale rinnovabile”.
L’obiettivo del summit? Rivitalizzare l’interesse per l’atomo in tutte le dimensioni necessarie per invertire la tendenza attuale. Secondo il World Nuclear Industry Status Report di dicembre 2023, la produzione globale di elettricità da energia nucleare è diminuita del 4% tra 2021 e 2022 e la quota nella produzione lorda di elettricità è scesa al livello più basso dagli anni ’80: 2.546 TWh pari al 9,2% della generazione elettrica globale.
Quale ruolo per il nucleare nella transizione energetica?
I problemi legati al ruolo del nucleare nella transizione sono molti. Le tecnologie di nuova generazione non sono ancora abbastanza mature per essere messe sul mercato su larga scala. Questo significa, sottolineano i critici, che scommettere sull’atomo oggi potrebbe distogliere finanziamenti dalle rinnovabili, ottenendo vantaggi troppo tardi. In altre parole, il nucleare – per quanto low-carbon – farà rallentare la transizione.
Poi c’è il capitolo costi, che in genere nei reattori costruiti negli ultimi decenni sono lievitati rispetto alle previsioni iniziali. E con i costi si sono dilatati anche i tempi di realizzazione e messa in funzione degli impianti. In un panorama del genere i finanziatori si stanno rivolgendo altrove, togliendo ulteriori risorse.
Al summit, i 32 paesi hanno stabilito di studiare misure in settori quali il finanziamento, l’innovazione tecnologica, la cooperazione normativa e la formazione della forza lavoro per consentire l’espansione della capacità nucleare.
“Ci impegniamo a lavorare per sbloccare appieno il potenziale dell’energia nucleare adottando misure quali le condizioni favorevoli per sostenere e finanziare in modo competitivo l’estensione della vita utile dei reattori nucleari esistenti, la costruzione di nuove centrali nucleari e il rapido dispiegamento di reattori avanzati, compresi quelli di piccole dimensioni reattori modulari, in tutto il mondo mantenendo i più alti livelli di sicurezza e protezione”, si legge nella dichiarazione finale.
Ricalcata in ogni punto anche dalla dichiarazione – separata – degli 11 paesi UE che un anno fa hanno dato vita alla European Nuclear Alliance, dove viene sottolineata la necessità di sviluppare l’accesso a “finanziamenti pubblici e privati”, inclusi gli strumenti di finanziamento europei tra cui la Banca europea per gli investimenti e il Fondo per l’innovazione. Con un occhio di riguardo soprattutto verso gli Small Modular Reactors (SMRs). Obiettivo dichiarato dell’alleanza è arrivare a 50 nuovi GW e 30-45 nuovi reattori al 2050.
L’Italia ancora in prima fila
Con la partecipazione al Nuclear Energy Summit, l’Italia rafforza l’intenzione di riaprire il capitolo atomo anche nel Belpaese. Una linea su cui il governo Meloni ha già compiuto diversi passi, tra cui la creazione della Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile lanciata a settembre 2023 e l’inserimento strategico del nucleare nel PNIEC. La Piattaforma dovrebbe produrre le prime linee guida per riprendere la ricerca sul nucleare entro maggio di quest’anno.
Se per il momento l’interesse dell’Italia è ancora limitato all’ambito della ricerca, l’esecutivo è stato molto chiaro sulla necessità di coinvolgere la filiera italiana del nucleare nelle iniziative europee e internazionali anche in vista di un possibile ritorno del nucleare in Italia. Che non sarebbe pensato in termini di impianti di grossa taglia. Il MASE ha ribadito più volte che l’intenzione è di scommettere sugli Small Modular Reactor (SMR) e i reattori nucleari di quarta generazione (AMR).
Intanto i finanziamenti all’atomo sono partiti. Più del 25% delle nuove risorse stanziate dal MASE per l’innovazione a servizio della transizione energetica nell’ambito della iniziativa internazionale Mission Innovation sono destinate allo sviluppo del nucleare italiano. Su 502 mln euro totali, ben 135 mln sono stanziati per R&D su nucleare di III e IV generazione.