Roma Innovation Hub: Goal 7, energia pulita e accessibile
(Rinnovabili.it) – Elaborare linee guida condivise da presentare al Governo al fine di accompagnare e accelerare il percorso italiano verso gli SDG dell’Agenda 2030 dell’ONU. Questo il compito assunto dagli ordini aderenti alla Rete delle Professioni tecniche nel corso di Roma Innovation Hub, la due giorni di incontro e confronto organizzata nella capitale da Pentastudio. Giunta alla sua seconda edizione, la convention ha raccolto il successo del 2022 e rilanciato con un programma tutto orientato alla sostenibilità. Tra i diversi temi al centro dell’appuntamento non poteva mancare l’energia, asse nevralgico della transizione ecologica a cui il Belpaese e il mondo intero sono chiamati.
Come ricordato in apertura da Toni Federico, coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 7, il tema energetico ha faticato prima di ottenere un posto di rilievo nei grandi vertici ambientali e climatici. Il primo grande riferimento si è ottenuto proprio con i 17 obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) definiti nel 2015 dalle Nazioni Unite. Per la precisione con il 7° obiettivo “Energia pulita ed accessibile” che, tuttavia, quando stato redatto, è stato privato da qualsiasi tipo di quantificazione. Il “calcolo” si è reso necessario con l’aggravarsi della crisi climatica. E con la consapevolezza che dovremmo decarbonizzare completamente la nostra energia entro il 2050 per mantenere la crescita della temperatura terrestre entro 1,5°C di aumento.
“Abbiamo poche soluzioni per farlo ma alcune tecnologie hanno visto l’Italia all’avanguardia”, ha commentato Federico. “Ad esempio sull’energia idroelettrica, l’ingegneria delle macchine è stata sempre all’avanguardia, stesso discorso per l’energia geotermica. Lo eravamo anche per l’energia eolica ma non siamo riusciti a commercializzarla, per un difetto che ha il nostro paese: non avere fiducia in noi stessi”. Le basi sui cui costruire il cambiamento? “La tecnica deve andare in soccorso alle decisioni e le decisioni devono essere improntate su obiettivi di interesse comune”.
Di tecnica e obiettivi di interesse comune ha parlato anche Marco Cossu, Ricercatore del Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Sassari, in un intervento tutto dedicato all’agrivoltaico, ossia l’integrazione della produzione fotovoltaica con quella alimentare direttamente in pieno campo. “Oggi agronomi e ingegneri si trovano di fronte ad una sfida professionale, che presenta opportunità e rischi. L’importante è che le figure professionali coinvolte programmino e progettino questi impianti in maniera tale da garantire la sostenibilità” assicurando sempre il nesso acqua-cibo-energia. Il settore è stato recentemente regolamentato e oggi può contare su linee guida e un nuovo schema incentivante ma il futuro è ancora tutto da scrivere. “Nei prossimi potremmo vedere il paesaggio delle nostre campagne cambiare, quindi è importante lavorare anche con altri professionisti come geologi ed architetti per garantire la sostenibilità di questi sistemi e minimizzare l’impatto ambientale e paesaggistico”.
Rimane in ambito agricolo Roberto Murano, responsabile Affari regolatori del Consorzio Italiano Biogas (CIB) focalizzando il discorso sulla valorizzazione delle biomasse agricole di scarto, reflui zootecnici e coltivazioni di secondo raccolto che permette di mantenere immutato il binomio cibo-energia. Tutte queste risorse possono essere oggi impiegate per produrre un gas contenente il 60-65% di metano. “Fino a ieri era convertito direttamente in energia in motori endotermici, oggi il passo successivo è purificarlo ottenendo metano al 100%”. Come sottolinea Murano, non esiste una strada unica per portare avanti la transizione energetica: risorse rinnovabili vanno mixate e integrate tra loro ragionate per avere un quadro il più differenziato e sicuro possibile. “Il biometano è un vettore estremamente flessibile ed interessante soprattutto in quei settori nei settori definiti hard-to-abate, nei trasporti pesanti e marittimi o negli stessi motori agricoli”.
Questi nuovi indirizzi energetici si muovono in quadro normativo e di permitting che presenta ancora nodi da sciogliere. Andare a implementare un nuovo processo produttivo in un territorio in cui esistono competizioni d’uso e vincoli paesaggistici ha determinato la nascita di specifici percorsi legislativi, spiega Luca Crema, Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali. “La produzione di energia necessita di procedimenti autorizzativi molto complessi […] Una domanda di autorizzazione può interessare più di venti pareri di enti diversi tra loro con punti di vista diametralmente opposti”.I procedimenti sono stati in parte semplificati prevedendo tempi ristretti per le risposte e adottando le conferenze di servizi, “ma è sempre una corsa ad ostacoli”.
“Differenziare” è anche la parola chiave individuata da Matilde Brandolisio, Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici nel suo intervento a Roma Innovation Hub. Differenziare risorse, materiali e tecnologie per raggiungere i target della transizione. In questo contesto “l’innovazione, la ricerca e lo sviluppo sono fondamentali per trovare nuove soluzioni. Come chimico quello che mi preme dire è che quando andiamo ad analizzare quale sia la migliore tecnologia possibile da produrre, dobbiamo tenere conto di tutto il ciclo, a partire dalle materie prime utilizzate fino all’esercizio e al fine vita, quindi il recupero dei materiali e il riciclo”.
Dello stesso parere Remo Giulio Vaudano, Consiglio Nazionale degli Ingegneri secondo cui è fondamentale superare “quello che è stato per secoli l’approccio umano che ha sempre cercato una soluzione unica al problema energetico, la migliore”. Oggi serve piuttosto “un approccio olistico” che affronti il problema non solo attraverso professionalità tecniche diverse, ma inquadrandolo anche sotto il profilo sociale, politico, ambientale ecc. Non solo. “Sostengo l’idea che l’energia più pulita sia quella risparmiata. E’ importante quindi far rientrare nel discorso tutti gli elementi del risparmio energetico, visto come efficientamento dei processi industriali e del patrimonio edilizio esistente”.
“La cosa più importante dal mio punto di vista, potrebbe essere quella di utilizzare al massimo quello che produciamo, senza inficiare le strutture che già esistono. La sostenibilità potrebbe essere anche vista come lo sfruttamento e l’autoconsumo di tutto quello che riusciamo a produrre”, ha aggiunto Giovanni De Baggis, Presidente Ordine dei Periti Industriali dei Periti Industriali Laureati di Roma. “Il nostro compito come professionisti tecnici non è solo quello di applicare le nostre competenze ma anche di guidare la società nel compiere certe scelte”.
A livello energetico è essenziale che vi sia una collaborazione, insiste Emanuele Emani, Consiglio Nazionale dei Geologi. “Non possiamo pensare che vi siano solo alcune fonti importanti”. Emani ha spostato i riflettori sulla geotermia, risorsa per alcuni versi meno conosciuta del fotovoltaico ma da cui dipende oggi il 2% della produzione elettrica italiana. Le potenzialità di questa fonte, soprattutto nella classe a bassa entalpia (riscaldamento e raffrescamento) sono ancora tutte da sfruttare. “Stiamo lavorando in maniera assidua per poterla valorizzare al massimo” e per ottenere una normativa adeguata che segua le ultime evoluzioni del comparto. “Attraverso la geotermia si potrebbero ricavare delle nuove materie utili, come ad esempio il litio per le batterie, purtroppo allo stato attuale non esiste una normativa che in maniera chiava riesca a dire quali sono le procedure per arrivare alle autorizzazioni”.
Per Ciro Spinicchia, Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati è ormai evidente che stiamo attraversando un momento di cambiamenti epocali e repentini, passando da modelli consolidati a nuove realtà innovative. In questo contesto “il professionista gioca un ruolo fondamentale per portare a compimento questa fase di transizione. Solo attraverso la sua professionalità possiamo raggiungere gli obiettivi fissati a livello centrale”. Tutto ciò a patto di alzare il livello qualitativo e le competenze professionali, creando reti di esperti. “La figura del tecnico tuttologo – molto diffuso fino ad oggi nei nostri territori – non ha più senso di esistere”.