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Biden vuole rendere le terre federali più economiche per le rinnovabili USA

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(Rinnovabili.it) – Sostenere un nuovo e accelerato sviluppo delle rinnovabili USA nelle terre federali, cercando gli strumenti migliori per affrontare “COVID-19, ripresa economica, uguaglianza razziale e cambiamento climatico”. Questo quanto aveva promesso a inizio anno il Dipartimento degli Interni (DoI) statunitense assicurando una crescita “responsabile” e un maggiore riguardo per la tutela della natura, la giustizia ambientale e i rapporti con le nazioni tribali. I primi passi arrivano proprio in questi giorni: l’amministrazione Biden ha fatto sapere di essere impegnata rivedere la politica fondiaria federale per i progetti verdi. Con la possibilità di rendere le terre federali più economiche per gli sviluppatori di energia solare ed eolica

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A riportare la notizia è oggi la Reuters, dopo aver intervistato Janea Scott, Consigliera senior dell’assistente segretario per la terra e i minerali presso il DoI. “Riconosciamo che il mondo è cambiato dall’ultima volta che l’abbiamo guardato e che devono essere fatti degli aggiornamenti”, ha detto Scott all’agenzia stampa. Il Dipartimento sta attualmente studiando diverse riforme per facilitare lo sviluppo di rinnovabili USA sulle terre pubbliche, ma la Consigliera non ha fornito dettagli. Attualmente su queste aree è imposto un canone di locazione per la superficie sfruttata (971 dollari per acro all’anno) e una tassa aggiuntiva per la capacità solare (2.000 dollari l’anno per MW) ed eolica (3.800 dollari) approvata. Per grandi progetti su scala industriale si parla di milioni di dollari sborsati ogni anno.

L’industria delle energie rinnovabili USA sostiene che gli oneri imposti dal Dipartimento dell’Interno non siano sincronizzati con gli affitti dei terreni privati, oggi molto più bassi e privi di tasse sulla potenza installata. Sono anche più alti degli affitti federali per i contratti di locazione per il settore del petrolio e gas, che vanno da 1,50 a 2 dollari l’anno per acro in fase di trivellazione per poi essere sostituiti da una royalty di produzione del 12,5%.

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