Il parere sulla rimozione della CO2 è opposto a quello dato dall’ultimo rapporto dell’Ipcc
(Rinnovabili.it) – Dal punto di vista tecnologico ed economico le tecnologie per la rimozione della CO2 “non sono dimostrate”. Soprattutto per funzionare su larga scala. E presentano “rischi sociali e ambientali sconosciuti”. Senza contare che siamo ancora all’anno zero: ad oggi sequestrano solo qualcosa come “10mila tonnellate di anidride carbonica l’anno”, l’equivalente di quanto inquinano circa 5000 auto in Italia in 12 mesi.
Puntare sulle tecnologie per la rimozione della CO2 come la cattura diretta dall’aria (direct air capture, DAC), bioenergia con cattura e stoccaggio di CO2 (BECCS) e l’enhanced weathering (aumentare l’alcalinità dell’oceano per fargli assorbire più anidride carbonica) quindi non conviene: meglio mettere da parte questo capitolo e puntare tutto sulle soluzioni basate sulla natura.
A scriverlo è l’Unfccc, la Convenzione Quadro dell’Onu sul cambiamento climatico, in un briefing di indirizzo pubblicato in vista dell’incontro per decidere i dettagli di come funzionerà il futuro mercato globale del carbonio, previsto dall’Accordo di Parigi. L’appuntamento è per la prossima settimana a Bonn: in quella sede i delegati di quasi 200 paesi dovranno definire la lista di attività che sono ammesse per generare crediti di rimozione della CO2, che gli Stati si potranno poi scambiare. La nota dell’Unfccc è la base da cui partono le discussioni di Bonn.
Le critiche alle soluzioni tecnologiche per la rimozione della CO2
Una presa di posizione molto forte. Le tecnologie per la rimozione della CO2 sono sponsorizzate soprattutto da attori industriali e finanziari, che hanno interesse a metterle sul mercato per accedere a compensazioni senza dover cambiare il loro modello di business. Non inquinare di meno in termini assoluti, ma avere un bilancio netto in pareggio o negativo.
Chi le critica sostiene che sia pericoloso puntare su soluzioni che, di fatto, non abbiamo ancora in mano e di cui non sappiamo quanto ci possiamo fidare, e pensa sia meglio accelerare sulle misure di mitigazione “classiche”. Critiche che l’Unfccc fa proprie e appoggia.
Non è tutto qui. “Queste attività non contribuiscono allo sviluppo sostenibile, non sono adatte ad essere attuate nei Paesi in via di sviluppo e non contribuiscono a ridurre i costi globali della mitigazione, e quindi non servono a nessuno degli obiettivi del meccanismo dell’articolo 6.4”, gira ulteriormente il dito nella piaga la nota dell’ente Onu.
Unfccc vs Ipcc
Il parere è diametralmente opposto a quanto sostiene l’Ipcc, il Panel intergovernativo sul climate change. Nell’ultimo rapporto Ipcc, pubblicato nel 2022, si confermava la necessità di sfruttare tecnologie per la rimozione della CO2 per avere buone chances di mantenere la temperatura globale al di sotto dei 2 gradi. Anche lo scenario emissivo migliore, il C1, che prevede un overshoot limitato a 1,6°C con una temperatura che si assesterebbe a 1,2-1,4 gradi a fine secolo, richiede secondo l’Ipcc una quota di rimozione diretta di CO2, per quanto contenuta.
Un punto, questo, che molte delegazioni faranno notare durante l’incontro di Bonn. D’altro canto, sempre più paesi stanno puntando, nelle loro strategie climatiche, sul ricorso a qualche forma di rimozione della CO2 per raggiungere la neutralità climatica. Ma se la condanna della DAC e delle altre tecnologie sorelle dovesse sopravvivere, sarà uno dei punti di partenza per le discussioni della Cop28 di Dubai il prossimo dicembre.